IL MAGISTERO: DOGMI E DOTTRINA SUI SACRAMENTI.

NB .E’ un tema su cui la chiesa ufficiale non ci aiuta a riflettere in profondità, ha paura di affrontare un nodo storico: il concilio di Trento
Provo a raccogliere alcune riflessioni analizzando il cammino dentro la chiesa. Sono analisi storiche e approfondimenti di storia della chiesa
Il riferimento principale è un testo di J.M.Castillo :simboli di libertà: analisi teologica dei sacramenti, Cittadella, 2000.

Quali sono i “dogmi di fede” sui sacramenti?

I manuali di teologia non lasciano dubbi: sono sette i sacramenti, tutti istituiti da Cristo, nessuno più nessuno meno, e chi non li riconosce è “eretico”.
Poi ci sono nei sette, tre sacramenti che lasciano un “segno” particolare (Battesimo, Cresima, Sacerdozio), ma tutti conferiscono la grazia data “ex opere operato” (automatica!). Questo lo dice il canone 9, 7^ sezione del Concilio di Trento. Chi li amministra deve voler “fare ciò che fa la Chiesa” (canone 11, sez. 7^, Trento). La validità è intatta anche se chi lo amministra non è degno. Il Battesimo, poi, è valido anche quando è amministrato da un eretico.
Noi vorremmo prendere quello che i concili hanno definito: dal 19° secolo per dogmi si intendono le “definizione solenni del magistero, dei concili o dei papi”.
Due sottolineature da chiarire :

  1. I teologi affermano che il Concilio di Trento non è solo la confutazione degli errori, ma anche la somma della dottrina della Chiesa. E i teologi dicono che le affermazioni fondamentali del Concilio di Trento sono dogmi definitivi della Chiesa.
  2. A partire da questi hanno poi definito in proprio i teologi sia la natura sia l’essenza dei sacramenti.

La teologia nelle facoltà e nei seminari è organizzata così e ha formulato catechismi per educare il “popolo cristiano”.

Il concilio di Trento che cosa ha inteso dire?

Ha voluto dire la parola ultima, definitiva su tutto quello che riguarda i sacramenti nella vita della Chiesa? Ha detto tutto quello che vi era da dire? Ha inteso dire questo? NO.
Nessun concilio ecumenico, per importante che sia, ha detto la parola ultima e definitiva. Ogni definizione è il punto di partenza (punto Alfa) dal quale la Chiesa ha diritto e dovere di continuare ad approfondire tutti i dogmi ed aiutare ogni credente, per arrivare alla comprensione più profonda della verità (Rahner, K.). E’ una verità che ci libera per poter giungere alla verità sempre più alta (Rahner, K. “Problemi attuali della cristologia”, 1961).
Mai una verità riferita a Dio è una conclusione, un punto di arrivo, ma sempre un primo passo. La pienezza di Dio è inesauribile e non si esaurisce nella formulazione concreta. Così è stato il Concilio di Trento.


Che criterio usa il Concilio di Trento?

Il 17.1.1547 si inizia a trattare il tema dei sacramenti e viene presentato un catalogo di errori ripresi dai riformatori, in particolare Lutero “De captivitate babylonica ecclesiae presidium”. Si trattava di una lista di errori “raccolti dai libri di moderni eretici sui sacramenti in genere”. Se vi era consenso generale lo trattavano, se no lo scartavano perchè all’interno dei cattolici non vi era pieno consenso. Proprio per questo quando si discusse la stesura del canone 9 “Il carattere” si evitò di redigere il canone sulla natura del carattere sacramentale. Così per il sacramento dell’ordine (sessione 23), il vescovo di Gerona ricordò che l’obiettivo era “estirpare gli eretici, distruggere i falsi miti” (e non se ne fece più nulla).
Il Concilio non ha mai voluto dare una risposta esaustiva su che cosa è un sacramento: natura, effetti nella vita, ecc.
E’ stato obiettivo del concilio condannare gli errori della riforma protestante, ma non ha mai dato una definizione di che cosa intendeva per “sacramento”. Jeronimo Seripando, notando che il termine sacramento veniva interpretato in modo molto diversificato, propose di inserire la formulazione di Pietro Lombardo (il maestro delle sentenze), ma nemmeno dopo il suo intervento il concilio formulò la definizione. Non diede una definizione di sacramento perché i teologi cattolici erano divisi.
Come può esserci una teologia completa di una realtà come sacramento che il Concilio di Trento si rifiuta di definire? Ma questo anche perché la teologia non era ancora organizzata come scienza sistematica (anzi era messa in discussione la teologia come scienza).
Mentre, però, nel Medioevo si è elaborato un trattato sui sacramenti, nulla vi è sulla Ecclesiologia (fino al secolo 19°).
Il concilio di Trento non ha voluto abbordare il tema della Chiesa, quindi i sacramenti sono inquadrati senza una dottrina globale sulla Chiesa. Perciò non si può elaborare una teologia completa sulla natura dei sacramenti partendo dal Concilio di Trento che mai ha voluto dire l’ultima parola.
Quando Trento formula le condanne (anatemi) che valore hanno? Sono state condannate come eresie o come errori , modi di agire? Cioè sono dottrine di fede definite o solo errori disciplinari riferiti a determinate usanze?
Sono un articolo di fede o qualcosa di molto diverso?

Il concetto di “verità di fede” del Concilio di Trento è molto più ampio di quello di oggi. Qual è la portata dei canoni della sessione 7^?
Pose il Concilio (il 20.1.1547) tre domande sulla riforma protestante dei sacramenti

  1. Sono eretici o erronei; come vanno condannate come eresie o errori. Né i vescovi né i teologi sono arrivati a mettersi d’accordo. I teologi presentarono divergenze tra loro. Es. il numero: 7, di più o di meno? Un buon numero di padri sinodali disse “semplicemente condannare” e non si capì se era eresia, errore o altro.
  2. Sulla necessità dei sacramenti per la salvezza: basta la fede, come afferma Lutero? Anche qui i teologi si divisero.
  3. Sul “carattere”: è cosa fittizia o, come pensano la maggioranza dei teologi, c’è un segno? Alcuni pensavano di condannare un’eresia, altri solo un errore, altri cose opposte.
    E’ evidente da alcuni interventi che non risultava chiaro il senso da dare all’anatema.
    Sulle “censure” (qualità teologica: eretici alcuni, altri scandalosi, erronei), non vi è stato chiarimento (sessione 26.2.1547 generale). E si usò”anatema” per eliminare gli errori ed estirpare le eresie” e con questo non possiamo sapere quello che Trento condanna con quale qualifica teologica. Quindi non c’è nessuna affermazione di fede definita.

Professione di fede tridentina (Pio IV 13.11.1564).

Alcuni teologi oggi per affermare i “dogmi di fede” sui sacramenti si rifanno alla “professione di fede tridentina” (Professio fidei tridentina) in cui sono contenuti, nella sessione sui sacramenti, molti dati: istituzione da Cristo, necessità per ottenere la salvezza, non ripetibilità del Battesimo, Cresima e Ordine.
Ma tutto ciò avviene dopo e fuori del concilio e Pio IV dice che intende “promanare quanto era stato disposto nel Concilio di Trento”. In realtà questo concilio non lo aveva detto, non si tratta di dogmi di fede e la professione di fede non ha maggior valore del concilio, non dà valore di dogma a quello che dogma non è.
La prima parte raccoglie insegnamenti e decisioni, la seconda semplicemente il credo tradizionale.
Infatti il Papa non vuole cambiare decisioni del concilio che non sono definizione dogmatiche.

Come il concilio fu “recepito”.

Quando “l’universalità dei fedeli, che ha l’unzione dello Spirito, non può sbagliarsi nella sua fede” (LG 12,1 Vaticano II): può essere applicato questo principio?. Lo Spirito agisce in tutto il corpo della Chiesa e il recepire comporta accettazione, discernimento, libertà. Non risulta così chiaro.
Per quanto riguarda i decreti,vi sono forti opposizioni in Francia (1615), in Spagna, nei Paesi Bassi, in Germania.Roma non tralasciò di fare pressioni politiche per imporre l’accettazione e l’osservanza. Prefetti e ufficiali, anche a Roma, usarono molta severità, Chierici e laici dovevano prestare giuramento.
Dal 1598 al 1648 si susseguirono repressioni contro cattolici e protestanti e vendette su residenza, ascolto della predicazione e le successive inquisizioni organizzate ed estese (Bolla Immensa Aeterni di Sisto V) con tribunali speciali.
Lo stesso S. Roberto Bellarmino – che dichiarò che il Papa non ha potestà nel mondo intero per ciò che si riferisce agli affari temporali – venne messo all’indice.
Con la paura, il panico, la tortura, la morte venne la “accettazione” ed il consenso.
Qualsiasi persona poteva finire davanti ai tribunali speciali e l’istinto di conservazione non è certo segno di consenso di una verità.
Poi continuiamo: i fatti noti di Giordano Bruno, messo al rogo perché affermò “tutti gli astri sono omogenei”. Poi Copernico, Galileo (1633) condannato perché “la sua dottrina era falsa e assurda” e tolta dall’indice solo nel 1757, in quanto prima pensavano che la bibbia “avesse ragione”.
Questa è la realtà in cui si creò il consenso prima del Vaticano II. In sintesi:
“Dal Concilio di Trento non si può ricavare una dottrina di fede sui sacramenti”.

Si può ricavare da concili precedenti (es. Firenze, Lione)?

Prima di Trento: Firenze, Lione II e Papa Innocenzo III.
Papa Eugenio IV nella Bolla di indizione (1439) Sugli articoli di fede e sacramenti nella Chiesa) dice che i sacramenti sono 7, ma non dà una definizione dogmatica di sacramento. Né nella Bolla Exulta Deo che era finalizzata al rientro degli armeni vi sono definizioni dogmatiche, ma è semplicemente disciplinare.
Si può concludere che non dà una definizione dogmatica.
Lione II (1274) continua ad affermare che i sacramento sono 7, vengono enumerati, ma non è definitiva la dichiarazione perché

  1.  non esiste una lista ufficiale dei concili ecumenici (Bellarmino parlerà di 18)
  2. Firenze, ritenuto come l’8° fino al secolo XIII, passa dall’8° al 16° (venivano introdotti altri 8 (4 laternanensi, 2 Lione, Vienna e Costanza) per evitare il rifiuto dei concili soltanto latini.

Né quel 4° concilio Lateranense è ecumenico, né la formulazione è dogmatica.
E’ Papa Innocenzo II nel 1208 che parla espressamente di 7 sacramenti nella professione di fede imposta ai valdesi . Ma anche qui non esiste un concetto preciso di quel che si intende con “sacramento” (giuramento, impegno, sacramento). Però nei sacramenti vi sono pure gli uffici pubblici e le offerte dei fedeli, poi parla di decime, offerte al clero, ecc.
E’ a partire di qui che si comprende come non sia verità di fede cristiana, ma solo disciplinare.

La definizione contro catari e albigesi (concilio lateranense 4^) parla solo di 4 sacramenti (battesimo, eucarestia, penitenza, ordine) e poi parla di “esequie dei morti” come sacramento.

Da quando i sacramento sono 7?
Fin dalla metà del XII secolo si prospetta l’idea, ma è una delle tante teorie: né dal Vangelo si può ricavare una sola parola né sul numero né su quali siano.
San Bernardo, maestro delle sentenze, dirà “non basta un’ora per elencarli tutti”, Ugo di S. Vittore parla di 30, mentre Pietro Lombardo ne enumera 7 e dà a ciascuno un nome.
Perché si impose il numero 7? Per una specie di simbolismo dei numeri, scienza “sacra” dei numeri.
I numeri sono come i “pensieri di Dio”. Forse l’elemento chiave è il simbolismo e l’importanza del numero 7. Significa piena ultima e perfetta, totalità ed universalità, composto da 3 più 4. Il 4 rappresenta il cosmo, il 3 il trascendente, quindi sommati danno il numero perfetto 7, collegamento misterioso con la totalità dell’universo, numero allegorico.
In conclusione.

Fino a che punto i documenti ufficiali della Chiesa sono una dottrina di fede?

Nessuno è definizione dogmatica del magistero: sull’istituzione, sul numero, sull’efficacia. Nessuno include tutte le condizioni richieste dal Concilio di Trento ed il Concilio di Trento, secondo quanto sappiamo dai documenti, non è stato presentato come dottrina di fede.
Anche i vescovi in genere li presentano come verità di fede, ma non rientrano sotto il titolo “verità di fede” mediante giudizio solenne.
La “fede della Chiesa”, cui si appellano i vescovi, su quali ragioni è fondata?
Le definizioni del passato devono essere ripresentate in una dimensione sacramentale nuova dopo il Vaticano II che riscopre “la sacramentalità della Chiesa” finora ignorata.

RELIGIONE E VANGELO (RIVELAZIONE)

Quale relazione tra Religione e Rivelazione?Vi è gente che ha grande sensibilità religiosa, ma nessuna sensibilità cristiana, frequenta la chiesa, ma ha grande egoismo, è anche pericolosa nei confronti di chi non condivide le sue scelte.
Chierici e laici esercitano rituali, ma non presentano abitudini di vita e relazioni reciproche umane, dignitose . Anzi non figurano tra i più accoglienti.

Ma la verità della Buona Notizia non dovrebbe esprimersi con atti religiosi?
Come principio, religione e rivelazione non sono la stessa cosa, sempre sono diverse, ma in molti casi sono anche contrapposte.
La religione nasce dall’uomo alla ricerca di Dio, la rivelazione è la manifestazione di Dio all’uomo, nasce da Dio. La religione è un gesto ascendente, la rivelazione è, invece, verso il basso. La prima è esperienza umana, la seconda proviene da una iniziativa di Dio verso l’uomo. Sono due cose distinte, anche contrapposte.

La religione è guidata dall’avvenimento cristiano?
Le chiese riformate partono dalla religione, la chiesa cattolica pure. La rivelazione perde il suo vero senso che esprime Giovanni 1,18 “Dio nessuno l’ha mai visto, solo l’unigenito che è nel Padre ce lo ha rivelato”. La religione è servita a leggere la rivelazione ed interpretarla.
Si mette avanti lo sforzo umano e la rivelazione è tale solo se insegna qualcosa di assolutamente nuovo di cui non è in grado l’uomo, da solo, di cogliere. Ha sostituito con la religione e altro l’opera di Dio: vogliamo salvarci con le nostre forze. La rivelazione, la buona notizia, viene a sopprimere, a superare la religione!
Proviamo ad offrire degli spunti di riflessione che colgano nel modo corretto i sacramenti.

  1. Concetto di rivelazione
    • è un avvenimento esterno, superiore alle capacità umane, di Dio che “parla” attraverso i profeti agli uomini e comunica loro le sue verità che – all’uomo da solo – non sono accessibili. Non è qualcosa che scaturisce dall’uomo (K. Barth)
    • però, come storicamente è avvenuto attraverso esperienze religiose, è praticamente impossibile dissociare rivelazione e religione che risultano inseparabili; ma rimane sempre una comunicazione di Dio all’uomo, è lui che prende l’iniziativa e suscita nell’uomo nuova esperienza “religiosa”
  2. come e in che misura la rivelazione si collega con il fatto religioso?
    La rivelazione assume il fatto religioso, ma anche le mediazioni (preghiera, culto, scelte etiche, ecc.) non le deformazioni della religione (immagine di Dio costruita, ecc.). In qualche modo è possibile parlare di cristianesimo senza religione, anzi sarà la fine della religione.
    Sono sempre esposte le mediazioni della religione al pericolo deformazione? Un esempio è certo al tempo di Gesù (farisei, capi dei Giudei). Gesù si scontra, non perché non fosse religioso, ma perché quella religione era deformata, non era autentica ed il messaggio di Cristo smaschera le perversioni della prassi religiosa. Il suo comportamento è normativo per i cristiani, per la Chiesa.
    La religione vuole e desidera impadronirsi di Dio e così degrada il fatto religioso come è organizzato e funziona nella società.

Alcune conclusioni su religione e rivelazione.

  1. La rivelazione non deve essere accolta e vissuta dall’uomo in modo areligioso, tra religione e rivelazione non c’è esclusione.
  2. La rivelazione cristiana è accolta dagli uomini tramite esperienze religiose e, come tale, può essere vissuta religiosamente.
  3. La rivelazione ha compito di criticare e denunciare le degenerazioni religiose.
  4. Questo atteggiamento critico deve essere assunto soprattutto di fronte alle degenerazioni. Anche la Chiesa vive nella società, subisce i condizionamenti economici ed arriva perfino a svuotare la rivelazione.

CELEBRAZIONE

Parlare di sacramenti è parlare di celebrazione.
Vediamo

  1. che cos’è lacelebrazione
  2. perché sono una celebrazione i sacramenti
  3. come si deve celebrare

Celebrazione (o festa) è l’espressione comunitaria, gioiosa e rituale, di esperienze comuni incentrate su un fatto storico, passato o presente. Quando si celebra (si fa festa) si interrompe la routine di ogni giorno. Si mettono gli abiti belli, si mangia o si beve qualcosa di diverso. Anche i volti cambiano, si vive un’esperienza collettiva particolare.
Anche nei gruppi umani ci sono momenti che chiamiamo di festa per sottolineare qualcosa di diverso, si celebra, si festeggia. E questo svela il ruolo di qualcosa “non produttivo”, che non serve a nulla. E’ in qualche modo, l’esperienza della fede simile all’esperienza dell’amore.
Celebrare, fare festa esprime un’esperienza essenziale della vita: è mettere al centro l’esistenza, la vita.
Vi è una differenza essenziale tra festa e divertimento: la prima è apertura agli altri partecipando con loro; il divertimento è piegarsi su di sé. La festa è espressione gioiosa di un progetto condiviso, in cui si esprime il valore della vita, è buona e degna di essere vissuta in questa realtà. E’ un sì alla vita.

Nella festa “si perde il proprio tempo ”.Festa è un’espressione simbolica , esprime qualcosa di profondamente umano che si esprime simbolicamente.
Celebrare è espressione comunitaria condivisa, compresa da tutti, in qualche modo unitaria e, in qualche modo, il rito serve ad unificare le espressioni individuali.
Il rituale è il risultato di un accordo che tutti condividono. E’ inteso a tre livelli di cui deve tenere conto ogni celebrazione:

  1. universale: simboli accettati in ogni cultura da ogni individuo
  2. culturale: corrisponde alle caratteristiche di ogni cultura (non rigida, uniforme, ma rispettosa delle diversità culturali)
  3. a livello di gruppo all’interno di una cultura.

Ma centrale non è il rito, ma l’esperienza che si esprime mediante determinati simboli.

  1. Il rito non ha valore magico, non produce effetti da solo e le parole hanno un ruolo sussidiario (non principale). Le norme non devono essere rigide, inadatte ad esprimere un’esperienza vissuta dalle persone e la comunità deve attuare il suo discernimento. Sacramento è positivo solo se esprime un’esperienza profonda.
  2. I sacramenti sono una festa: espressione comunitaria gioiosa, rituale delle esperienze e aspirazioni comuni dei cristiani. Non sono i sacramenti semplici rituali, ma l’aspetto collettivo di una autentica celebrazioni. Sacramenti sono, dunque, simboli (cioè espressione collettiva di una esperienza) esprimono esperienze di vita, sono espressioni di gruppo, collettive. Il sacramento si riceve durante una celebrazione ed è questo, nel suo insieme, che forma il sacramento. Il simbolo (sacramento) esprime un’esperienza di gruppo valida o non è sacramento.
  3. Come celebrarli. In uno stile secolare, connaturale all’esperienza umana, spontanea degli uomini. La Chiesa ha celebrato le proprie cene-assemblee nelle case, non aveva templi, adottavano una nomenclatura laica, secolare. E il luogo venne chiamato “casa della chiesa” (dell’assemblea) che non favorisce l’isolamento di chi partecipa e non è un luogo separato :vuole rendere possibile e favorire la comunicazione tra le persone,nei luoghi normali.

La liturgia cristiana è nata nelle case (non nel tempio), il tempio è la comunità con Cristo stesso. Non la “casa di Dio”, ma la casa delle persone, dell’assemblea. Le persone devono sentirsi a casa propria.
Anche i vestiti dovrebbero esprimere il simbolo della festa. Nella celebrazione il centro sono “le persone” non le cose (altare, crocifisso), ma una persona viva: Gesù risorto che si fa presente nella comunità.
Primo effetto: la gioia festante (Atti 2,46) che si esprime nell’accoglienza, nella semplicità, nella spontaneità. Le persone si sentono libere di esprimere ciò che sentono e vivono.
Per modificare i riti teniamo presenti due cose
1. quello che costruisce la comunità è la relazione
2. dialogo con la Chiesa: la comunità non è un’isola e deve confrontarsi e scegliere la via con altre esperienza con cui si confronta.

CRISTO SACRAMENTO ORIGINALE

Il cammino degli ultimi 50 anni ha cambiato la prospettiva della teologia dei sacramenti che hanno ritrovato la dimensione cristologica dei sacramenti della Chiesa: Cristo è il primo sacramento, quello originale, originante.
Cristo è Dio in maniera umana e uomo in maniera divina. Dice Giovanni 14,9 “Chi ha visto me ha visto il Padre”. Gesù sacramento per eccellenza: unica realtà che può esprimere alla perfezione ciò che è Dio:ci indica chi è il Padre.
L’uomo Gesù è il sacramento originale in quanto designato da Dio ad essere l’unica via di accesso alla salvezza, sacramento originale, la radice dei sacramenti. Quindi, ogni sacramento è rivelazione di Dio, che Gesù stesso ci ha fatto conoscere. Ogni sacramento deve esprimere simbolicamente la salvezza e la liberazione che Gesù porta all’uomo e deve esprimere il cammino scelto per la liberazione, la vittoria sull’ingiustizia, sul male, sull’egoismo.
Ogni celebrazione di sacramenti deve esprimere una solidarietà incondizionata con quanti soffrono le conseguenze del male, senza però chiudersi in sé. Partendo da questo arrivare alla speranza.
In ogni sacramento Dio agisce per mezzo di Cristo, non celebriamo un ricordo della nostra esperienza, ma di Cristo che intende aprire la “via di speranza” ad ogni uomo, che è il mistero, la storia preparata da Dio a compimento della pienezza dei tempi. Parlare del “mistero cristiano” è parlare della stoltezza e debolezza di Dio (1 Colossesi 1,25) che viene accolta da ciò che è disprezzato dal mondo.
Ogni “sacramento” deve portarci a Cristo, origine del sacramento, e farci vivere la sua presenza.

CHIESA E SACRAMENTI

Il Concilio Vaticano II ha più volte affermato “la chiesa è sacramento”. Che cosa vuol dire?
Prolunga la presenza salvatrice di Cristo tra gli uomini. E’ corpo ,la fisicità di Cristo. Supera la parzialità delle due vedute: spirituale e invisibile, sociale e visibile. E’, dunque, segno primordiale di salvezza per gli uomini.
Conseguenze:

  • non è solo accidentale, è anche necessaria.
  • non è assoluta, ma deve essere qualcosa capace di esprimere sempre il corpo di Gesù, la sua persona.

Parlare di realtà ecclesiastica non è parlare del clero, né di monopolio della salvezza. Deve, può farsi presente davanti agli uomini ed esprimere la dimensione comunitaria, laicale, aperta.

ORIGINE DEI SACRAMENTI

In Gesù (dice il Concilio di Trento): tutti e ciascuno. In che modo?
Non è facile da dimostrare. Sono immutabili? La chiesa ha il potere di cambiarli (salvo la loro sostanza).
Se Trento è una decisione disciplinare (non teologica sostanziale) vi sono 4 linee di proposte dai teologi.

  1. Chiesa non può cambiare la sostanza.
  2. Cristo ha istituito il segno, ma si può modificare.
  3. Ha istituito il segno e può cambiare anche la validità?
  4. Lascia la Chiesa ad esprimersi.

La Chiesa può introdurre cambiamenti esterni anche dei simboli.
In sintesi. I sacramenti hanno origine in Gesù Cristo, da lui nasce la Chiesa (sacramento primordiale).
Quanto ai “simboli sacramentali”, la Chiesa non ha avuto chiara coscienza di quanti fossero e quanti, almeno, avrebbero dovuto essere. Li può modificare per esprimerli in modo adeguato, accomodandoli e adattandoli per servire meglio la comunità.
Ricordiamo esperienze negative come nel secolo 18° in Cina con i riti malabarici non riconosciuti nel loro valore culturale-religioso, e i cinesi si sono chiusi all’evangelizzazione. Nel primo millennio ci fu grande varietà di liturgie legate alle culture dei singoli popoli.

EFFICACIA

Due questioni dibattute

  1. “ ex opere operato “ dei sacramenti: sa di magia
  2. attentato alla libertà personale di Dio: lo incateniamo a certe cose.

L’azione dell’uomo ha importanza, ma l’efficacia è opera salvifica di Cristo.
Il simbolo aumenta questa esperienza e diventa vita nel soggetto a partire dalle esperienze reali vissute dal soggetto.

“CARATTERE” SACRAMENTALE

Trento dice “Battesimo, cresima e ordine imprimono il carattere” e sono irrevocabili. Per l’ordine lo dice espressamente: può consacrare validamente l’eucarestia, assolvere in caso di morte improvvisa. E’ segnato da Dio con un sigillo, ma non ha niente a che vedere con il carattere sacramentale (Paolo, 1 Corinti 9,2).
Ma fino al secolo XII il sacerdozio è considerato un “ufficio”. E per 10 secoli non si è pensato che il sacerdozio desse un segno indelebile.
Agostino parla di una metafora, Fino al secolo XIII non riuscirono ad accordarsi.
Che cosa ha voluto dire Trento?
Non ha voluto presentare una dottrina definitiva sulla natura del carattere: su questo tema non vi era unanimità, ma si insiste sulla necessità che “non si possano ripetere” (28.2.1547)
Natura ed esistenza del carattere: due cose diverse, sulla natura non ha voluto pronunciarsi. Cioè ci sono tre sacramenti che “imprimono il carattere”. Stop. Si discuteva, però, della sua natura la dichiarazione non ha voluto essere definitiva.

CHE COS’E’ UN SACRAMENTO?

I sacramenti sono simboli fondamentali della nostra fede. Hanno la loro origine in Gesù Cristo, sacramento originale, e sono la manifestazione del grande simbolo sacramentale che è la Chiesa, comunità dei credenti che celebra ed esprime la propria fede.
Sacramento non sono semplici riti religiosi, segni sacri, simboli individuali, ma comunitari, ma non nascono dalla comunità a favore della comunità.
Sono tali quando la comunità celebra ed esprime simbolicamente le esperienze della propria fede, in particolare l’esperienza della libertà cristiana che nasce dall’amore a Dio ed al prossimo.

PERCHE’ CI SONO?

Perché la vita di fede comporta esperienze che non possono essere comunicate a parole, ma solo con dei simboli.
Es. la vita affettiva: le parole non bastano per comunicarla, ci vogliono dei simboli che esprimano il destino dell’uomo di fede.
La cena: per esprimere la comunione di vita dei credenti.
Quando queste espressioni sono autentiche sono sacramenti, simboli fondamentali della fede.

A CHE COSA SERVONO?

E’ pericoloso interpretarli solo in senso funzionale. Di fatto furono utilizzati come veri strumenti (teologia medioevale) per ottenere la grazia di Dio e salvarsi.
Così si presenta come segno efficace: ubbidisce a Dio e Dio santifica l’uomo.
Ma c’è qualche sfasatura in questo.

  1. La concezione magica del rito per cui si è giunti al consumismo sacramentale.
  2. Questo ha portato le chiese verso le pratiche religiose, trascurando le esigenze sociali ed etiche della fede.
  3. La Chiesa diventa più religiosa che cristiana perché le pratiche sono meno impegnative delle esigenze sociali del Vangelo.
    Infatti vi sono infatti grandi silenzi delle chiese verso le dittature, tolleranti con i templi ed i riti che tranquillizzano le coscienze : dei vescovi e tollerano le ingiustizie sociali.

Quando il sacramento viene inteso come simbolo che esprime e comunica un’esperienza allora la finalità del sacramento è coerente: l’uomo di fede partecipa ad una celebrazione simbolica perché si sente spinto dalla propria esperienze comunitaria, capace di edificare la comunità.

La comunità fa i sacramenti ed i sacramenti fanno la chiesa, la comunità.
I sacramenti hanno sempre una funzione sociale e pubblica ed esprimono la passione per una società diversa, in cui non vi sono uomini che dominano altri uomini, né persone che si vedono defraudare dei diritti.
I simboli della fede hanno profonda convergenza con i simboli di ogni aspirazione umana. Il ripristino della solidarietà con i poveri ripristina il piano di Dio (che crea e sostiene la famiglia umana).La realtà sacramentale è esemplare della sacramentalità umana.

Redazione finale di Fredo Olivero
Comunità San Rocco, Torino. 2020.08