MORTE O VITA PIENA

(Alcune riflessioni sul senso evangelico della morte)

Dio con la morte fisica, accoglie le persone nella sua vita senza toglierle da questa vita: il defunto entra in una modalità di esistenza nuova. Morte fisica è dunque nuova definitiva nascita: la morte conduce nella pienezza l’individuo: le persone sono dove c’è il Padre della vita. Questa è la conclusione di un ragionamento evangelico che vorrei proporre .

Se “Dio nessuno l’ha mai visto …. è il Figlio che ce lo ha rivelato” (dice Gv. 1,18), lui è “l’immagine del Dio invisibile” (Col. 1,15.

Matteo dice “felici i puri di cuore perché lo vedranno (Mt. 5,8), vuol dire che chi ha la coscienza, la mente pura, lo percepisce, lo scopre.

Per avere un cuore puro bisogna far propria, accogliere la prima beatitudine della povertà, perché l’accogliere la povertà, non mettere i beni materiali al primo posto,  permette a Dio di manifestarsi in lui, nelle sue scelte. La persona, anche se limitata, permette di accogliere l’umanità di Dio che viene colto per frammenti sufficienti per avere la consapevolezza di vivere circondati dalla sua profonda verità o mistero di amore. “Dio è luce” (1 Gv. 1,5) e questa luce la cogliamo uscendo dalle tenebre ed accettando di essere “luce del mondo” (Mt. 5,14); la percezione di Dio diventa quotidiana realtà in una esistenza fuori dalla condizione dello spazio e del tempo.

 

I defunti non sono “lontani”, “assenti”, ma” presenti” anche se il nostro cuore, la nostra mente non riesce a percepirli.

La persona viva sulla terra sa che da loro (i defunti) viene visto: può sempre rivolgere loro la parola con lo stesso affetto di quando erano fisicamente presenti.

La chiesa, anche più tradizionale, parla di “comunione dei santi”, un interscambio che avviene tra noi ed i defunti. La morte non interrompe questo scambio, ma lo potenzia.

Dio non sta in cielo? Nò ,ma Il “cielo” sta in Gesù che è Dio con noi . Gesù ci invita a riflettere “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv. 14,9), unica immagine del Dio invisibile.

Con Gesù, “Dio con noi” (Mt. 2,34), Dio è sempre con gli uomini e le donne .

Con l’Ascensione, Gesù matura infatti un nuovo rapporto: più intenso. Dice infatti “Non state a guardare in cielo” (Atti 1,11) perché il cielo sta in lui e in chi lo accoglie. Chi guarda in cielo rischia di non riconoscerlo nella figura umana: “Quando ti abbiamo visto affamato, malato ….” (Mt. 25,44).

Dio nella Bibbia è presente ed attivo. Non tace mai: siamo noi a non cogliere le sue parole, perché viene da una voce tenue come un sussurro (1 Re, 10,11).

Possiamo dire che gli uomini sono come dentro l’oceano dell’amore di Dio e quando son in sintonia (hanno accolto il suo messaggio) si accorgono della sua presenza. Aderire al Figlio ti fa conoscere il Padre che ti vede, è presente, è interessato alla tua vita.

Gesù ai discepoli si presenta, ma essi non lo riconoscono perché è “sotto altro aspetto” (Mc. 16,12) e noi – quando abbiamo nostalgia di chi pensiamo perduto – non ci accorgiamo che è accanto “sotto un altro aspetto”.

Forse è la figura del seme che può aiutarci: se continuiamo a cercare il seme (persona ancora in vita) non la riconosciamo (definitiva) nella spiga che è maturata perché è sotto altro aspetto.

Celebrazione eucaristica: momento privilegiato per l’incontro. Incontro privilegiato con il Padre, con i fratelli e con i “defunti”. E’ il capitolo 12 di Giovanni che ci accompagna. La comunità è distrutta per la morte di Lazzaro e i discepoli lo sconsigliano di andare a Gerusalemme per non rischiare la morte. Gesù va a Betania dove c’è Lazzaro, “il morto che vive”, che aveva risuscitato. Siamo “6 giorni prima di Pasqua” (cioè la domenica dei cristiani, giorno in cui celebravano l’eucarestia). Alla “cena” Gesù partecipa per ringraziare per il dono della vita. Vi sono tre fratelli Marta, Maria e Lazzaro. Lazzaro è sdraiato sul divano e la cena sostituisce il rito funebre: la casa si riempie di profumo (versato da Maria) ed è il ringraziamento di tutto per il dono della vita dove il “defunto” Lazzaro siede con Gesù.

MORIRE DUE VOLTE?

Oltre la morte fisica, fine della “bios” (vita, in greco) che completa il ciclo della vita e che non interrompe la vita del credente ma solo la vita fisica, vi è una “morte seconda” (della zoè, della vita definitiva), “seconda morte” che esclude nell’ebraismo dalla risurrezione (Apocalisse 2,10).

La morte fisica dell’uomo/donna che orienta la propria vita al bene,è aperta all’altro si trasforma in vita spirituale (zoè) destinata a durare per sempre.

L’uomo “creato” a immagine di Dio possiede la “caparra dello Spirito”, realizza in scelte positive la vita realizzando tutte le sue capacità di amore e con la “morte”fisica diventa per sempre quello che realmente è.

Come la crescita ha bisogno di tappe successive, così quella spirituale; per crescere si deve “nutrire”. Ogni essere che viene accolto contribuisce a realizzare la persona.

La morte biologica è per tutti: diventiamo “defunti”, cioè abbiamo (“defunto”) “terminato, compiuto” la vita biologica. Questa trova presenza di vita (zoè) che continua. Possiamo distruggere questo uomo durante la vita e allora la morte biologica trova una persona svuotata, che rende impossibile l’esistenza oltre la morte. La “seconda morte” è la constatazione del fallimento della propria vita. In questo caso, la morte può essere la fine di tutto?

GESU’ E LA “MORTE SECONDA” (FALLIMENTO E FINE)

Nei vangeli vari brani alludono alla morte seconda: per chi è sordo ai bisogni vitali degli altri (Mt. 25,41). Negare l’aiuto all’altro è come ucciderlo.

Il “giorno natalizio” è quello della morte fisica: la vita non cessa con la morte, ma, liberata da tutti i limiti della fragilità, entra nella sua vera e definitiva condizione .

Dove sono i defunti, dove vanno a finire?

Per avere un contatto noi andiamo al cimitero? E pensarli definitivamente in cielo? No. Il Vangelo dice ben altro:non basta il cimitero .

Alcuni discepoli e discepole andarono al sepolcro di Gesù la mattina seguente, ma non trovarono il suo corpo. Lo cercano nel luogo sbagliato. Due uomini dicono loro : è risorto, non è qui.

Finchè i defunti li piangiamo come morti è impossibile sentire la loro presenza come viventi.Maria non lo riconosce, lo vede. Cerca un cadavere e trova un vivente. Quando la chiama per nome :“Maria”, lo riconosce. Quando non cerca il morto, trova il vivo.

Credo? I vivi sulla terra, i morti in cielo? Nella casa del Padre?

Cristo è venuto a portare Dio agli uomini. E dice loro: basta con il tempio, basta il sequestro della fede da parte della casta sacerdotale.

Ora lo Spirito “sacralizza” l’uomo che diventa “l’unico tempio di Dio”.

Gv. 14,23 “Se uno mi ama – dice Gesù – metterà in pratica la mia parola, e il Padre mio lo amerà. Io verrò da lui con il Padre mio e faremo la nostra dimora presso di lui”.Con la morte l’uomo non va in cielo perché il cielo è nell’uomo. Dio non assorbe l’uomo, ma gli da nuove energie e sta con lui.

Il paradiso? E’ scomparso dalla Bibbia. “Pardez” (paradiso) deriva dal persiano e significa giardino, in ebraico “gan”. Gesù mai indica il paradiso come realtà che spetta all’uomo oltre la morte. Parla di vita capace di superare la morte (e per questo si chiama eterna). Unica volta che lo usa: con il ladrone in croce.

L’autore dell’Apocalisse riconferma che la morte non ha l’ultima parola sulla vita del credente.

Si parla popolarmente di “poveri morti”, si finge di credere che siano felici, ma non si è convinti.

La morte non è una sconfitta, non si viene annientati: la morte realizza in pieno l’unica vita, questa che viviamo,la fa fiorire.

Riposo eterno?

“Il riposo” di cui parla l’Apocalisse indica la stessa condizione del Creatore che “si riposò il settimo giorno” (Gen. 2,2): l’uomo è chiamato a collaborare all’azione di Dio che comunica vita agli uomini (non un eterno riposo ozioso). Intensifica la sua attività, aumenta l’affetto, l’amore che aveva con noi.

La morte potenzia i rapporti umani, si dilatano verso tutti.

Abbiamo mai pensato quello che i defunti possono fare per noi? Trasmettono vita e amore e affetto.     La morte libera da tutte le scorie e la persona può trasmettere la vita in forma originale, libera.

 

Fredo Olivero. Torino, san Rocco, 2017.7