P. Alberto Maggi

 L’AMORE AGAPICO :PERCHE’ LO FACCIO?

 Le motivazioni interiori che spingono ad operare per gli altri IL COMANDAMENTO DELL’AMORE

Una delle differenze più rilevanti tra la concezione vetero-testamentaria del comandamento dell’amore e quella cristiana è la dimensione universale di quest’ultima. L’amore nel giudaismo è esclusivo, parziale. Vale solo per il “prossimo” e non per gli altri. L’amore cristiano invece non conosce confini, è universale e abbraccia tutti. E’ amore per i nemici, motivato dal rapporto con Dio che fa sorgere il sole sui malvagi come sui buoni: “Perciò amate i vostri nemici… e siate così figli del Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,44).

 Se cerchiamo il punto di partenza per comprendere l’idea cristiana dell’amore, la dobbiamo cercare nella comunione con Dio: è questa che conferisce all’agape la sua caratteristica. Gesù non è venuto infatti a portare nuove idee o concezioni di Dio, ma una nuova comunione con Dio non basata sulla Legge, ma fondata sull’amore. DIO AMA IL PECCATORE PERCHE’? Chi cerca una causa all’amore divino, lo nega. La comunione con Dio sarebbe sempre sotto la Legge, e Dio amerebbe colui che per sua indole più di un altro meritasse il suo amore.

 DIO AMA PERCHE’ LA SUA NATURA E’ AMORE. L’originalità della comunione cristiana con Dio consiste nel fatto che essa poggia esclusivamente sull’agape di Dio [la parola agape si trova solo due volte nei sinottici (Mt 24,12; Lc 11,42) e non nel suo significato pregnante. Sembra sia stato Paolo a introdurre la parola agape come termine tecnico per definire il motivo cristiano dell’amore.

 L’AGAPE E’ SPONTANEA E “SENZA MOTIVO” Invano si ricerca una causa dell’amore di Dio nelle qualità proprie dell’uomo, suo oggetto. L’amore di Dio è senza motivo. Il motivo dell’amore di Dio risiede esclusivamente in Dio stesso. E’ amore del tutto spontaneo che non cerca la motivazione nell’uomo.dicendo che Dio ama l’uomo, non s’intende esprimere un giudizio sulla qualità dell’uomo, ma definire com’è Dio. Se l’amore di Dio valesse veramente soltanto per il giusto, allora sarebbe un amore conquistato e non spontaneo. Ma siccome ricerca il peccatore che non lo merita e che non può esigerlo, il suo carattere spontaneo e senza motivo appare evidente.

L’AGAPE E’ INDIFFERENTE AI VALORI Se Dio ama il peccatore, ciò non avviene a causa del peccato, ma malgrado il peccato, L’amore di Dio non si lascia imporre limiti dal comportamento dell’uomo. L’amore di Dio per i giusti è altrettanto spontaneo e senza motivo di quello per i peccatori.

 L’AGAPE E’ CREATIVA Afferriamo veramente il significato decisivo del concetto di agape soltanto quando comprenderemo che si tratta di amore divino, partecipe pertanto della qualità comune a tutta la vita divina, cioè il suo carattere creativo. L’agape è un amore creativo: l’amore divino non ama ciò che in se è degno d’amore, la contrario: CIO’ CHE IN SE’ E’ PRIVO DI VALORE, ACQUISTA VALORE DIVENENDO OGGETTO DELL’AMORE DIVINO

L’agape non constata dei valori, li crea. L’agape conferisce valore amando. L’AGAPE CREA LA COMUNIONE

 Essendo l’agape e ciò che la caratterizza il contenuto della comunione cristiana con Dio, per il suo carattere creativo essa riveste un’importanza anche per quanto riguarda l’attuazione di questa comunione stessa.

LA TESTIMONIANZA DELLE PARABOLE Molte parabole di Gesù sono assolutamente incomprensibili se non sono viste sullo sfondo dell’idea di agape (cfr Figliol prodigo, Vignaioli, Pecora smarrita..) L’agape che viene richiesta nel cristiano è l’immagine dell’agape manifestata da Dio. Com’essa deve essere spontanea ed immotivata, scevra di calcoli, illimitata e incondizionata.

IL COMANDAMENTO DELL’AMORE AMORE VERSO DIO: “Ama il signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tuta l’a nima, con tutta la tua mente, e con tutte le tue forze (….Mc 12,30) Amerai il prossimo tuo come te stesso. Qui si tratta dell’appartenenza incondizionata a Dio. assoluta appartenenza a Dio. **Evitare il rischio di amare Dio nel prossimo: si deve amare il prossimo nella sua situazione concreta e nel suo essere concreto e non una sua ideale costruzione, non “Dio nel prossimo”. Se l’amore non si rivolge al prossimo, ma ad una sua presunta essenza divina, allora è molto lontano dall’esser gratuito ed è anzi altamente motivato… quando non è ipocrisia!

L’agape divina è un amore che sfida ogni motivazione razionale. Non v’è alcuna ragione di cercare dietro le qualità effettive del prossimo una recondita, preziosa qualità che spieghi e legittimi l’amore per lui. Se amo Dio nell’uomo, allora amo il prossimo solo nella misura in cui esso partecipa del divino

 Il prossimo è solo l’oggetto intermedio dell’amore, l’oggetto finale è Dio. Ma allora non è più quest’uomo concreto che io amore, bensì piuttosto la sua idea divina, Dio in lui. L’amore è considerato un “merito” un passo innanzi sulla via ascendente che conduce a Dio. E’ una tappa nell’ascesa personale dell’uomo.

DARE L’ESEMPIO Amare il prossimo “per essere d’esempio/dare esempio” Chi presume di comportarsi in un determinato modo per essere o dare l’esempio suppone una propria superiorità nei confronti dell’altro, di colui che riceve questo esempio… Non si ama per dare l’esempio, per “soccorrere” l’altro, ma per mettersi a servizio. Mai nei vangeli troveremo l’invito di Gesù ad essere o dare l’esempio! L’unica volta che il termine appare [gr. hypodeigma] è perché il modello da prendere come esempio è lo stesso Gesù: “io vi ho dato l’esempio, perché voi agiate come ho agito io…” (Gv 13,15). Non solo Gesù non invita a dare l’esempio, ma ammonisce chi fosse tentato di farlo: “guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1) ________________________

L’amore dei nemici: quando Gesù chiede di amare i nemici non si tratta di una forma iperbolica del comandamento dell’amore. Se l’amore del prossimo deve veramente avere i lineamenti caratteristici dell’agape, occorre anzitutto che sia spontaneo e senza motivo. Ma quando mai potrebbe esserlo se non quando si 5rivolge proprio al nemico? solo qui appare chiaro che non si tratta solo di amore umano, ma un amore nato dall’agape di Dio. Nell’amore dei nemici l’amore cristiano si rivela come la vera agape spontanea e creativa: essa crea infatti una comunione anche la dove sembra esclusa. Si vede così che l’agape non è un amore soltanto umano, ma un’effusione della vita propria di Dio, questo amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato (Rom 5,5). Dio e agape sono così strettamente associati che si può di fatto parlare di un’identificazione. Nella 1 Gv viene apertamente proclamata l’identità tra Dio e l’agape: due volte (1 Gv 4,8.16) si incontra la formula “Dio è agape”: il motivo dell’agape ha trovato la sua più alta espressione: Dio è agape e l’agape è Dio. Dio e l’agape sono uno: l’agape come tale – indipendentemente dall’oggetto a cui si riferisce – è partecipazione alla vita di Dio.

IL CONTRASTO L’agape è venuta a colpire direttamente sia la religiosità giudaica improntata alla legge, sia la pietà ellenistica dell’eros. “Un Dio non ha rapporti con un uomo” diceva Platone, e per i greci è ovvio che gli dei non amino. Il cristianesimo si oppone a queste concezioni: Dio è amore, amore che è desiderio di comunione con l’uomo. Secondo Aristotele la divinità preferisce l’uomo saggio. Dio invece sceglie le cose deboli, le ignobili (1 Cor 1,27). Come scrive Nietzsche è accaduto veramente un “sovvertimento di tutti i valori antichi”. Dal punto di vista etico, l’agape doveva sembrare un’ingiustizia: essa contrasta con l’ideale del saggio, con l’idea dell’elevazione. Si oppone diametralmente al concetto di Eros, all’ascesa dell’uomo alla sfera divina. Dal punto di vista religioso è una bestemmia: contrasta con tutto ciò che caratterizza l’antica concezione di Dio. L’uomo non ama Dio perché vuole soddisfare il proprio bisogno di pienezza divina.. Non si ama Dio perché comparandolo con le altre realtà l’uomo abbia trovato in Dio un appagamento maggiore, ma perché l’agape divina, non motivata, lo ha vinto e conquistato di modo che egli non può non amarlo: “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi… noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo…” (1 Gv 4,10.19). Ugualmente per l’amore del prossimo. Nell’oggetto dell’amore non risiede alcun motivo che giustifichi l’amore: il motivo è Dio stesso. Dio non come fine ultimo dell’amore del prossimo, ma punto di partenza e costante ragione d’essere. Dato che Dio è agape, chiunque è stato amato da lui, conquistato e avvinto dal suo amore, deve trasferire questo amore al suo prossimo.

Così l’amore di Dio si traduce immediatamente in amore cristiano per il prossimo. E’ l’agape stessa di Dio che usa il cristiano come suo strumento al fine di penetrare nel mondo.

Redazione di Fredo Olivero, San Rocco. 2023.02.04