IL NOSTRO PAESE HA ANCORA BISOGNO DI FAMIGLIA?
QUALCHE NUOVA RIFLESSIONE
Ognuno degli “esperti” fa le sue analisi sulla famiglia, ma, per quanto sia studiata e risultati e numeri vengano diffusi, è poco conosciuta.
Si parla volentieri del legame forte che esiste tra società italiana e famiglia tradizionale nei tre decenni dopo la seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni ’75. Mussolini disse nel ’24 (e lo ripetè più volte) che famiglie e figli avrebbero dovuto fare grande il fascismo: la demografia (40 milioni di italiani) avrebbe dato la forza al fascismo. Voleva famiglie e figli per sentirsi forte e cullare sogni di gloria e conquista.
Gli anni delle migrazioni interne, ’60-’70 (a Torino in particolare, che ha più che raddoppiato la popolazione) non incidono sulla famiglia. Il suo ruolo, anche se subisce forti traumi, viene sostenuto nel periodo delle migrazioni. Infatti è stata, per il nostro paese, la più solida delle istituzioni ed il welfare è passato da lei come ammortizzatore sociale e ricucitore di relazioni.
E’, quello del fascismo e dei 30 anni seguenti, il periodo della famiglia tradizionale: coppie eterosessuali, che si sposano in chiesa, fanno un numero elevato di figli, patriarcale, il modello che chiamiamo modello di famiglia tradizionale. In apparenza florido. Oggi abbiamo meno della metà dei figli, con un modello non florido dal punto di vista dei figli, anche se tradizionale.
Il ruolo della donna è subordinato anche dal punto di vista dei diritti (uomo capofamiglia in tutto).
Esso ispira l’insegnamento della Chiesa che lo sposa come fosse l’unico ed il miglior modello di famiglia per una società che si avvia verso la democrazia.
Il segno maschilista della famiglia resterà nel tempo. Il primo passo verso la rottura è la più elevata ripartizione di ruoli ed autorità.
Si parte con le elezioni attive per le donne del 2.6.1946 (primo voto generale il referendum Repubblica o Monarchia) e questo segna un nuovo equilibrio in famiglia verso la parità.
La famiglia “tradizionale” ebbe più successo negli anni ’60 di quanto non ebbe nel periodo fascista. Forse non era così saldo se poi, di fronte al movimento femminista, l’apertura del divorzio ed il superamento del tentativo abrogativo del ’73, le radici della famiglia “tradizionale” cominceranno a togliere tutte le sicurezze.
Ma quegli anni 1946-74 confermano una famiglia ancora forte, che neanche gli spostamenti migratori biblici e le grandi trasformazioni sociali riescono a incrinare.
Società italiana e famiglia tradizionale negli anni ’60 reggono bene.
I primi tre anni del dopoguerra (1946-48) matrimoni e poi nascite hanno un’esplosione: conseguenze della parentesi della guerra con tante nascite in meno.
La famiglia tradizionale contribuì alla costruzione delle istituzioni democratiche, culturali, alla modernizzazione delle strutture, recuperando lo svantaggio con l’Europa.
I tassi di nuzialità scendono, ma di poco (mai -7 per mille abitanti), si sposano giovani, il 99% si sposa in chiesa, oltre 900 mila all’anno fino al milione del ’64.
Ci si sposa e si fa famiglia, si fanno figli: questi valori sono la base comune degli italiani. Questa famiglia presenta un unico carattere nazionale: è un collante nel Paese che riprende il cammino (anche economico, di ricostruzione) su basi solide. Dà il passo all’Italia, si getta in imprese di famiglia. Tutti mirano ad avere benessere, lavoro sicuro, con una famiglia che copre le spalle. C’è un senso del domani, la speranza di un paese migliore. E’ la famiglia ad offrire una lettura aperta agli sforzi congiunti e ai risultati immediati ed attesi.
Vi è una forte identificazione famiglia-paese per tirarsi fuori dalla guerra e dal passato fascista. E la famiglia fa da nucleo aggregante.
La famiglia ha in media 4 componenti, 2,5 tasso medio di fecondità per donna, fino a scendere a 1,3-1,2 nel ’90 (dimezza). La china della famiglia è segnata dal divorzio nel 1974: i cambiamenti della società richiedono meno famiglia.
Si sente meno il bisogno di famiglia tradizionale in favore di forme meno impegnative.
Questi cambiamenti si mettono in moto e si comincia a parlare di debolezza del legame. Il divorzio è effetto dei cambiamenti in atto ed è facilitatore della debolezza dei legami nel panorama italiano.
FAMIGLIA IN CRISI NEL PAESE UE A PIU’ ALTA INTENSITA’
Parte per ultima la “crisi” in Italia quando altri già vivono il cambiamento. Forse la tengono in piedi gli aspetti più deleteri (nepotismo, mammismo, una sorta di clan, permanenza in casa dei figli fino ad età avanzata ….), ma anche l’impossibilità di divorziare.
Entrano poi in gioco, con l’immagine mantenuta di famiglia tradizionale, calcoli di convenienza circa relazioni da cui trarre vantaggio. Stenta però ad avere un ruolo forte ed autonomo e la fragilità diventa un segno insieme alla vulnerabilità in senso etico.
La simbiosi famiglia-società rallenta, si incrina, si interrompe. Specificamente quando viene introdotto il divorzio. Sicuramente la famiglia tradizionale ha già ceduto, ma l’introduzione della legislazione (della nuova legge).facilita. Il calo dei matrimoni dal ’74 scende dal 3% al 5% all’anno ed a metà anni ’90 ci si ritrova con metà dei matrimoni all’anno e del numero di figli per donna 1,3-1,2 rispetto agli anni ’60. nella società e nella famiglia che si avviano alla povertà dei bambini in una società vecchia . Sotto i 14 anni da 1/3 a 1/7 e raddoppio degli ultra 60enni :oggi mancano 2 milioni di bambini e ragazzi nella società italiana.
La famiglia avrebbe avuto un cambio radicale, ma sarebbe importante capire quanto il divorzio ha contato.
Si pensò ad un divorzio al maschile, invece i calcoli erano sbagliati.
Con l’avvicinamento della genitorialità e responsabilità maschile e femminile, introdotte dal nuovo diritto di famiglia, anche le donne in maggioranza influiscono. La strada è spianata, anche perché le donne cominciano ad affermare, anche sul piano culturale, una presenza sempre crescente.
Nel ’74 i nati sono 900 mila ed i matrimoni 400 mila, nel ’75 vi sono 30 mila matrimoni in meno e 44 mila nati in meno.
Mentre tra uomo e donna separazioni e divorzi rappresentano un terreno più equilibrato.
Divorzi: esplosione negli anni ’71-’74, al pettine vecchi nodi, poi decresce, con piccola superiorità maschile (55 A 45).
Separazioni da 10.000 a 30.000 annui in 12 anni e 2 su 3 sono di iniziativa femminile.
Oggi la famiglia, prima a trazione maschile, va verso la trazione femminile ed è rimodellata dalla volontà delle donne, specie per quanto riguarda i figli.
Esempi: donne di 24-34 anni ancora in famiglia (donne 4%, maschi 49%). Vogliono andarsene entro 3 anni (75%) per matrimonio-convivenza, ma il 26% non vuole figli.
In età superiore, oltre 34 anni, il 51% dichiara di non volere figli ed arrivando tardi a volere figli molti chiedono, poi, la procreazione assistita (PMA).
In sintesi, sono le donne ad aver cambiato la famiglia e gli uomini, soprattutto, ad essere cambiati.
LA NUOVA FAMIGLIA COME SI CARATTERIZZA
Nascono tante forme di famiglia, ma la realtà è che vorranno tutte o quasi una famiglia più piccola, meno strutturata, poco istituzionalizzata nel matrimonio e con minor responsabilità dei componenti.
Siamo passati da 900.00 a 203.000 matrimoni annui (3,4 ogni 1000 abitanti). Ci si sposa meno: età primo matrimonio donne (31 anni) uomini (37 anni) e l’età fertile sono 5 anni (= metà del periodo riproduttivo).
Matrimoni religiosi: anni ’60 :400.000
oggi : 103.000
Matrimoni civili: oggi :90.000
Nascite: nel ’64 1 milione
nel 2008 569.000
oggi 2014 514.000
Le coppie con figli – 600.000 = 9.100.000
Senza figli + 700.000 = 5.100.000
Famiglie monogenitoriali + 2.300.000
Single 7.200.000 + 2 milioni in 10 anni
Coppie di fatto 1/10.
Si sta andando verso una società a sempre minor tasso di famiglia, molte e crescenti coppie di fatto non conviventi.
QUALI FATTORI HANNO CONTRIBUITO?
Come vi hanno influito divorzio, cultura (università), lavoro parcellizzato, mobilità sociale quasi assente e perché.
Da società di famiglia tradizionale in 20 anni è transitata alla più bassa intensità di famiglia in UE.
La famiglia italiana si forma a ritmi bassissimi e si divide e si assottiglia: 30% uni personali, solo coppie 35%, 35% coppie con figli. Media 2,3 persone.
Siamo su un terreno franoso su cui influiscono 4 fattori
- divorzio che relativizza il matrimonio
- istruzione universitaria prevalente tra le donne
- basso grado mobilità sociale
- minor propensione ai figli.
Si va verso un’economia ed un’organizzazione del lavoro che portano la nostra società a non aver bisogno della famiglia tradizionale che faccia da sostegno alle proprie mansioni.
Gli stati occidentali non possono permettersi di fare a meno di una famiglia stabile, aperta ai figli se non si vogliono condannare all’estinzione.
Tutti oggi guardano vicino, pochi sono gli interessi per i lunghi periodi perché non li vogliono o non sanno scrutarli. Se questo non avviene è il tramonto della famiglia.
Concezioni di famiglie a confronto: famiglie come punto di partenza e famiglie come punto di arrivo. Manca uno sguardo lungo.
La famiglia tradizionale vorrei definirla “lavoro in corso”. La famiglia introduceva ad una nuova fase della vita (vita a due) e chiudeva la precedente, facile a farsi. Chi non si sposava era considerato un diverso: tutta la catena sociale stimolava a formare famiglia che è punto di partenza a tutti gli effetti. E’ collante di speranze. I coniugi si mettono nel progetto di costruire una famiglia.
Vi è una seconda concezione: famiglia come punto di partenza. Si parte solo quando tutti i paletti sono piantati (titolo di studio, preparazione, lavoro di entrambi sufficiente anche per i figli, casa, garantita dagli imprevisti),la famiglia pensa a non perdere quello che ha già e resta prigioniera dei sogni e delle promesse non realizzate (La famiglia è un percorso da fare insieme, iniziarlo tardi non dà garanzie di riuscita.
Pensare al matrimonio garantito quasi ci fosse un “patrimonio da conservare” porta ad avere nella società sempre meno famiglia e famiglie più precarie ed incerte. Forse vi è solo l’illusione che sarà più stabile e riuscirà meglio.
La società sarà sempre meno organizzata sui legami forti, primi fra tutti quelli familiari.
Continua ad esservi un atteggiamento sociale scoraggiante verso i matrimoni in età giovanile. Ci si sposa (6 donne 7 uomini su 10) dopo i 30 anni. Si critica il matrimonio giovanile quando fallisce, non così per chi si sposa molto, ed il matrimonio è diventato un’istituzione sempre meno per i giovani.
Manca il senso di mettersi alla prova, scommettere fin dalla gioventù e si va verso una famiglia “annacquata” ed una società de-famigliarizzata e atomizzata.
FAMIGLIA ANNACQUATA E SOCIETA’ ATOMIZZATA
Se posso usare un paragone biologico, si passa da famiglia cellulare ad atomo e la troppa quantità di famiglie atomizzate è forse nemica della qualità. Infatti sono forti i segni di scomposizione e frammentazione: raddoppiano il numero di famiglie e la sostanza familiare (famiglie non-famiglie di una sola persona) si indebolisce.
Su 50 milioni di maggiorenni in Italia nAel 2011 ben il 30% sono celibi/nubili (14.600.000), mai sposati, né divorziati né separati. L’80% di femmine ed il 90% di maschi tra i 20 e 30 anni sono nubili/celibi.
Tra il 1991 ed il 2011 (censimenti) crescono di 2,5 milioni gli italiani, i coniugati calano di 1 milione, i veri celibi/nubili passano da 5,7 milioni a 10,5 milioni.
I meccanismi per “fare famiglia” si sono inceppati e gli anziani costretti a vivere in “case di riposo” sono aumentati (2 milioni oltre gli 80 anni) e diventano problema sociale.
Separazioni e divorzi (circa 3,2 milioni) sono il maggior fattore di assottigliamento: le famiglie sono polverizzate ed è difficile capire dove andremo a parare con la famiglia e la rete di relazioni che costituiva la sua vitalità.
La prospettiva è che in Italia, tra pochi anni, saremo stabilmente sotto le 500.000 nascite all’anno, difficilmente recuperabile per il numero di donne in età feconda ed almeno 850.000 morti e questi scenari non andrebbero sottovalutati.
La risposta è che oggi, sul tema famiglia, dominano amore e sentimento e siccome questi non hanno limiti, famiglia è ovunque e tutto. Ma su questa ampiezza non si può costruire: siamo come sulle sabbie mobili.
I paesi europei che hanno seguito politiche a sostegno della famiglia in diversi casi hanno innalzato i tassi di fecondità totale (numero figli per donna) che si avvicinano a 1,8-2,0 contro 1,3-1,4 in Italia e Spagna. Queste politiche mirano a dare la possibilità di avere più di un figlio ed assicurare l’equilibrio demografico o quasi.
Gli stessi paesi hanno parificato tra loro diverse forme di famiglia (coppie omosessuali, le donne single hanno possibilità di procreazione medicalmente assistita – PMA) per evitare il declino demografico. Ma i risultati sono profondamente diversificati. Esempio: Francia e Germania risultati contrapposti, nell’un caso, Francia, cresce, in Germania quasi nullo.
L’Italia che non ha più da almeno una generazione la famiglia “tradizionale”, se non in misura marginale, ha bisogno di interventi che assicurino anche la trasmissione culturale generazionale che, con questi numeri, è insufficiente. I giovani, che si dichiarano “per la famiglia”, a quale famiglia danno il loro consenso?
Guardando l’andamento della “famiglia” (pochi matrimoni civili-religiosi, coppie di fatto, ecc.) le loro dichiarazioni sono poco credibili e la famiglia viene sostituita con una serie di forme di convivenza con poche garanzie. La società italiana tende a questi “minimo”. (1)
LA FAMIGLIA ATOMO (PIU’ CHE NUCLEO) DELLA SOCIETA’
Si passa da forme di famiglie numerose (negli ultimi 40 anni) a forme sempre più ridotte.
Media italiana: 2,3 componenti a famiglia, 2 su 10 hanno 4 componenti.
Su 100: 36 famiglie senza figli, 31 un figlio, 27 due figli, 6 tre figli o più, cioè 1 su 3 ha almeno 2 figli.
Questo cambiamento è figlio di cambiamenti socio-culturali, economici, politici di questi decenni. Sono spariti o quasi i nati morti (da 0 a 4 anni erano la metà dei morti nel ‘900). Nel 1960 scendono da 1 su 10 da 0 a 14 anni. Oggi meno di 1 su 200. Questo significa che non c’è più nessuno stimolo a fare figli per sostituire chi muore in tenera età, quindi la coppia fa o non fa i figli che ritiene senza pensare a sostituire chi muore in giovane età.
Poi, forse, vi è meno bisogno collegato alla sopravvivenza dell’anziano legato all’apporto essenziale dei figli (le pensioni sono una sicurezza per loro e i figli). Anzi, il futuro dei figli fino ad età avanzata dipende dai genitori con cui convivono.
Non vi è più il “bisogno”, ma solo il desiderio, di fare figli. 20 coppie su 100 non fanno figli. 50 su 100 ne fa 1. Questo vuol dire che in questa società richiedono un grande investimento economico, materiale, educativo e questi “condizionano” la qualità della loro vita.
Le famiglie di 6 persone sono state a lungo (fino al 1911) le più numerose (36%), nel ’51 il 20%, nel ’60-’70 1 su 10.
Non si può riflettere oggi sulla “famiglia” senza dare uno sguardo al passato. Vi è bisogno di una profonda “ripresa culturale” per superare le difficoltà e ridare slancio ad una famiglia molecola della società ed evitare una contrazione ancora possibile.
Tre cose vorrei sottolineare nel passaggio da famiglia tradizionale numerosa alla minima attuale:
-
- l’esercizio della autorità genitoriale
- l’equilibrio genitoriale tra i coniugi
- il rapporto genitori-figli.
Quando domina l’autorità genitoriale in famiglie numerose i conflitti sono anche dovuti a scelte per scarsità di risorse (vi è squilibrio tra risorse ed esigenze). L’autorità paterna comincerà a declinare anche nel momento in cui la società raggiunge il “miracolo economico” e cresce con il “divorzio” ed il nuovo diritto di famiglia la richiesta di parità.
In questo momento la famiglia numerosa diventa minima, ha redditi cresciuti e nella società aumenta il benessere economico, crescono anche i servizi sociali a sostegno degli anziani.
La donna è sempre più l’educatrice in famiglia e prende il posto del padre che non è più la figura centrale della famiglia. Si passa dalla patria potestà alla genitorialità e la donna diventa protagonista. Il mono genitore, poi, è quasi sempre la donna.
In questo contesto atomizzato i figli trovano nella famiglia il più alto grado di soddisfazione: 1 su 3 è molto soddisfatto, ma i più soddisfatti sono tra i 20-24 anni (92%). Il conflitto passa soprattutto tra i genitori e tra padri-figli ed è depotenziato essendo rivolto a elementi ridotti.
Le famiglie in Italia sono anche quelle che più risparmiano (in Europa). La figura della madre, inoltre, è di più alto livello di istruzione (21,3 laureate, 16,7 maschi) ed il ruolo centrale femminile si stabilizza.
L’INDIVIDUALISMO FORGIA LA NUOVA FAMIGLIA
Si va verso famiglie a minor livello di responsabilità e questo produce maggiore instabilità.
Quanto si è disposti ad investire in un progetto di vita comune con l’altro? Lo stesso vale per le coppie omosessuali, le unioni civili che sono molto meno di quelle che ci si aspettava.
Poi le coppie di fatto: quale stabilità e garanzie hanno? Andrebbe anche fatto un confronto tra matrimoni religiosi e civili per sapere se vi è maggior resilienza tra quelli religiosi che dovrebbero essere motivati. Quante sono le separazioni ed i divorzi?
Prendiamo il 2012: su 100 separazioni il 33,4% veniva dal civile, il 66,6% dal religioso che erano il 59%. Sembrerebbe che quelli religiosi hanno più separazioni. La durata media è 15 anni, ma riferendoci a 15 anni prima, quando solo il 20% erano civili, viene fuori che tra religiosi e civili i primi sono inferiori (0,53 a 1).
Sul divorzio L’Italia è inferiore alla media europea. Anche qui il matrimonio religioso è più stabile.
Le forme di coppie e famiglie sono il frutto della crisi familiare tradizionale: oggi le nuove forme a responsabilità più limitata si basano su decisioni molto individuali, senza troppi confronti. Non sono sufficienti le politiche sociali che si sforzano di accrescere la natalità se la società, nel suo complesso, non si rende conto che è necessaria una svolta diversa perché la società possa reggere e che il domani sia una proiezione positiva del presente.
NUOVE FAMIGLIE E NON-FAMIGLIE
La valutazione a questo punto è che stiamo andando verso una società con meno famiglia: non matrimonio, non figli, celibato/nubilato come scelta. E’ forse posizionamento verso minor responsabilità del singolo. Si giunge, per assenza, ad una società debole, senza più al centro la famiglia o situazioni stabili di convivenza (coppie di fatto, non conviventi).
I segni chiari:
- la crisi del matrimonio in questi 4 decenni
- esplosione di “famiglie uni-personali” (30%)
- rinuncia a fare figli: coppie, sia unite in matrimonio che conviventi, e contrazione delle nascite: 1 solo figlio non basta alla società nel complesso.
Le tante forme di famiglia a sempre minor tasso di responsabilità e rifiuto dei figli da parte di un crescente numero di coppie.
La famiglia nella società sta diventando un vuoto che nessuno può riempire: meno famiglie di quanto la società avrebbe bisogno.
E’ stata la democrazia a dare tutti i diritti positivi fino al diritto di famiglia con la parità, ma dal momento che ha i connotati positivi di libertà, autonomia, ha anche inserito il germe dell’individualismo che rende meno appetibile la famiglia.
La cellula famiglia (o forme diverse di famiglia) è in qualche modo al tappeto, senza un futuro, in una società che non può fare a meno della famiglia che ha forgiato la democrazia e non riesce a sostenere lo svolgimento della vita sociale né la continuità biologica. A sostituire la mancanza di futuro si inventano soluzioni individualistiche (tecniche di nascita di bambini in provetta, utero in affitto, riproduzione di individui in laboratorio …..). Tutto sembra andare in questo senso e restare single sembra una scelta “più furba”, in linea con i tempi che propongono vita al singolare, più funzionale alla società post moderna, e la “fuga dalla famiglia”.
E questo influisce sulla società italiana che diventa a bassa intensità di rapporti sociali: la famiglia diventa debole e tutto il confronto è sulle nuove forme e non sul cambiamento della famiglia tradizionale.
La società ha bisogno di sostituire quei legami e le forme nuove non riescono a sostituire i vecchi legami famiglia-società che facevano ricca una società e si riconoscevano reciprocamente.
Oggi certamente vi è un minor tasso di riconoscimento reciproco e la società ha minor energia e stabilità dalle nuove forme di famiglia.
L’INDIVIDUALISMO HA INFILTRATO E CAMBIATO LA FAMIGLIA
Anche se stiamo andando verso forme di famiglia più blande, l’unica riconosciuta come tale resta quella eterosessuale, come servizio al cittadino, all’individuo. Quindi vedo le scelte che si stanno compiendo:
- L’individuo come “famiglia unipersonale” (famiglia che c’è solo per la statistica)
- Le “coppie di fatto non conviventi” o singolismo opportunistico
- Coppie di fatto conviventi (al posto del matrimonio): hanno un legame più blando e più reversibile
- Poi si arriva al matrimonio in età sempre più avanzata, che rende la scelta non più semplice e sovente si collega a quella di non avere figli, perché si desidera una vita meno complicata e si rifiuta di dare un contributo biologico al futuro della società.
Allora non la famiglia, ma l’individualismo diventa centro di questa società giocata tutta sull’individuo.
Siamo in una fase di transizione, certo. Anche il figlio unico rischia di diventare il più unico di tutti, su cui si concentrano tutte le attenzioni e, purtroppo, anche le frustrazioni dei genitori e il circuito “individuo” si autoalimenta.
La considerazione sociale deve essere rispettosa delle nuove realtà di “famiglia” che si costituiscono, ma non si può pensare che le forme nuove di famiglia – non-famiglia non incidano sul futuro di una società con meno famiglia seppure diversa.
Non si può pensare che il passaggio sia indolore e che la società continui ad avere cellule forti che siano antidoti contro l’individualismo, per il dialogo ed il pluralismo sociale, in una società che non si auto produce.
Anche le politiche sociali, in questo caso, non sono per nulla scontate nei risultati. Conta certamente il clima attorno alla famiglia ed ai figli e non tanto per i dati economici, sociali positivi, ma per la qualità stessa della società italiana che va verso un futuro non splendido, dove i vecchi sono il doppio delle nuove generazioni ed il dialogo interpersonale si annebbia.
Crisi dell’individuo, che diventa individualismo, e della famiglia, che diventa meno famiglia, vanno in parallelo. Quale società prepariamo nel prossimo futuro? Quali forme di famiglia abbiamo in mente e proponiamo?
Questo significa che l’Italia e l’occidente sono destinati alla marginalità con il processo di invecchiamento ed il raddoppio in 20-25 anni di molti paesi africani ed asiatici che diventeranno il centro della nuova stagione umana.
Dal punto di vista economico, sociale, culturale l’occidente sparisce e può cominciare fin d’ora a pilotare il suo declino.
(1)Aggiungo alcuni dati 2017 del Comune di Torino, in sintesi, raccolti dallo stato civile della Città di Torino che confermano quanto detto.
Matrimoni 2017: i matrimoni civili e religiosi sono letteralmente calati da 1866 a 1620, meno 250
Quelli religiosi 579 quelli civili 1041 (quasi il doppio)
Aumentano i matrimoni misti 193
Unioni civili (persone dello stesso sesso) 155 copie, 107 uomini, 48 donne
Bibliografia minima
Roberto Volpi, La nostra società ha ancora bisogno di famiglia? Il caso Italia, Vita e pensiero 2014
Roberto Volpi, La fine della famiglia, 2007
Fredo Olivero, chiesa San Rocco, Torino 2018.10