“La libertà donata e quella conquistata: le radici evangeliche della libertà”

Relatore fra Alberto Maggi, testi di conferenze recenti.
Testo non rivisto dal relatore
Redazione di Fredo Olivero, San Rocco, Torino

Vediamo  quelle che sono le radici evangeliche della libertà.

1.Partiamo da una “verità indiscussa” di ogni religione del tempo di Gesù: gli uomini sono stati creati per servire la divinità, per servire Dio.

Un Dio quindi che in tutte le religioni viene percepito come un sovrano e gli uomini quindi sono i suoi servi. Anche nella religione ebraica veniva insegnato che gli uomini erano a servizio di un Dio,JAHVEH definito il sovrano dell’universo, quindi nessuno sfugge a questo servizio e nel libro dell’Esodo 23,25 il Signore stesso dice: Voi servirete Jahvè, Jahvè è il nome del Dio di Israele, il vostro Dio.

Quindi tutti gli uomini venivano ritenuti i servi di Dio che veniva considerato un padrone.

Nel libro del profeta Geremia 3,14, Dio stesso che parla, dice:” io sono il vostro padrone”…quindi questa era la verità indiscussa, Dio un Signore, un padrone e tutti gli uomini i suoi servi. Perfino Mosè che  è l’unico umano con il quale il Signore parlava bocca a bocca secondo la bibbia, è chiamato servo del Signore, un Signore del quale è scritto nella bibbia, ha un dominio che si estende ad ogni generazione.

Quindi ogni generazione che nasce è sempre definita a servizio del Signore. Viene chiamato despota, despota significa il padrone della casa, e un Dio che come Signore continuamente chiede agli uomini.

Nel libro dell’esodo 23,15 il Signore stesso dice: nessuno venga davanti a me a mani vuote.

Naturalmente questo Dio, questa divinità non era altro che la proiezione delle ambizioni, delle cupidigie, dei desideri degli uomini di potere che si erano autoproclamati rappresentanti di questa divinità, ma al popolo tutto questo veniva presentato come espressione della volontà divina. Forse così è anche il DIO insegnato a noi.

 

2.Gesù che rivendica di essere l’unico ad avere conosciuto Dio e presenta una immagine completamente diversa. Vedremo adesso le conseguenze.

Nel prologo al vangelo di Giovanni 1,18, l’evangelista scrive: Dio nessuno l’ha mai visto.L’evangelista è perentorio smentendo di fatto la scrittura perché nella bibbia si legge che Mosè, Elia ed altri hanno visto Dio. Giovanni non è d’accordo,”.. nessuno lo ha mai visto”.

“Proprio il figlio unigenito che è nel seno del padre, lui lo ha rivelato.” Secondo Giovanni tutti coloro che hanno fatto una esperienza di Dio hanno fatto l’esperienza di Dio molto limitata e incompleta e quindi non possono esprimere la sua volontà. Affermando che Dio nessuno l’ha mai visto, ma soltanto il figlio lo ha rivelato, l’evangelista dice che non Gesù è come Dio, ma Dio è come Gesù.

Bisogna sempre tener presente nei vangeli questo aspetto.

Se noi diciamo che Gesù è uguale a Dio, ebbene significa che in qualche maniera questo Dio lo conosciamo perché c’è stato insegnato, perché c’è stato trasmesso. Non Gesù è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù che ce lo fa scoprire..

L’evangelista invita il lettore a centrare tutta la sua attenzione sulla figura di Gesù: tutto quello che tu conosci di Dio e corrisponde a Gesù, naturalmente lo mantieni, tutto quello che si distoglie o addirittura gli è contrario, questo lo vai eliminando. Ebbene, l’immagine proposta da Gesù è radicalmente differente da quella che la tradizione religiosa presentava. Gesù annunzia e questo è un fatto inedito nella storia delle religioni, un fatto talmente sconvolgente che ancora, dopo 2000 anni di Gesù non è stato compreso perché destabilizzante, destabilizzante proprio delle forme di convivenza civile della società, Gesù annunzia un Dio a servizio degli uomini, un Dio che anziché togliere è lui che dona, un Dio che anziché dominare è alla base della libertà dell’individuo. Dopo vedremo come fino a un paio di secoli fa la chiesa era contraria a tutto questo quindi ancora non abbiamo percepito questo messaggio di Gesù.

Con Gesù l’ uomo non è più a servizio di Dio perché Dio si mette lui a servizio degli uomini.

Paolo negli atti degli apostoli afferma che questo Dio non si lascia servire dall’uomo come se avesse bisogno di qualcosa essendo lui che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.

Quindi Dio non ha bisogno che gli uomini si mettano a suo servizio, ma è lui che si offre e si mette a servizio degli uomini. Questo Padre datore di vita e a servizio della vita , scrive Giovanni nel suo vangelo, è l’unico vero Dio. Ogni divinità che stabilisca con l’uomo una relazione diversa oppure basata su un rapporto di sottomissione, Signore – servo, è una divinità falsa, una costruzione fatta dagli uomini, dagli uomini della religione, di potere, per la loro convenienza.

 

3.Annunziando e mostrando di essere il Dio con noi, un Dio a servizio degli uomini, un Dio liberatore, Gesù nell’insegnamento e nella pratica ha distrutto definitivamente il concetto di dominio. Sapete il termine deriva dal latino dominus – signore, padrone,colui che agisce in qualità di padrone. Questa nuova immagine di Dio proposta da Gesù comporta dei profondi, radicali mutamenti non soltanto nella relazione che gli uomini avranno verso Dio, ma anche dei rapporti fra gli uomini. Qui adesso vedremo che arriva il problema, la resistenza e l’allarme perché inaugura una nuova relazione nella quale viene esclusa assolutamente qualunque forma di dominio nell’ambito dei rapporti umani.

Se Dio stesso anziché dominare si mette a servizio e serve gli uomini, nessun uomo, qualunque sia la sua carica civile, religiosa, che si può attribuire, può permettersi di dominare gli altri, di esercitare il potere sugli altri e tanto meno si può permettere di farlo in nome di Dio.

Se desidera rappresentare questo Dio l’unica maniera per farlo è il servizio,ma non il potere. Voi sapete che il titolo del papa è il “servo dei servi di Dio”. Una parte è esatta, è servo dei servi, ma la seconda è sbagliata i servi di Dio perché i credenti non sono i servi di Dio, sono i figli di Dio. Quindi bisognerà, speriamo un giorno modificare, tra qualche millennio ci si arriverà a modificare e dire che il papa è il servo dei figli di Dio,a nostro servizio ,allora questo si capirà.

Comunque nessuno si può permettere di dominare, di comandare gli altri. Questa novità di Gesù abbiamo detto è destabilizzante, per fortuna che la società è riuscita ad ammorbidirla ancora, ancora non è emersa. Gesù annunzia che provocherà la resistenza omicida nei tre ambiti dove la libertà era sconosciuta, dove il dominio non solo veniva esercitato ma era legittimato dalla religione. Questi tre ambiti sono i tre i pilastri sacri di ogni società. Per pilastro sacro, per valore sacro si intende un valore talmente importante per il quale è doveroso togliere la vita a chi attenta a questi valori e addirittura si può offrire la vita per difendere questi valori.

 

4.E’ la triade satanica, maledetta, che però è alla base di tutte le società cosidette cristiane , e che è: Dio, patria e famiglia. Per Gesù questi tre valori non solo non sono sacri, ma sono diabolici e sono portatori di morte.

Allora Gesù davanti a questo: Dio patria e famiglia, dirà che la religione dove il dominio veniva esercitato in nome di Dio e raggiungeva gli ambiti dove tutte le altre forme di potere si dovevano fermare, la religione era la più diabolica perché la religione andava a dominare l’intimo, la coscienza delle persone. Quindi il potere più satanico che ci possa essere perché tutti gli altri poteri possono arrivare al corpo della persona, è la religione che arrivava a dominare la coscienza delle persone:DIO PADRONE ; la nazione dove chi deteneva il comando dominava e spadroneggiava sui sudditi, la famiglia dove il marito era il padrone indiscusso della moglie e dei figli.

 

Allora questi tre ambiti di dominio si scateneranno concordi contro Gesù e i suoi discepoli.

Sono parole tremende quelle che Gesù dice “ Il fratello darà morte al fratello e il padre al figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire e sarete odiate da tutti a causa del mio nome”(Mt.10,21ss). Quindi l’odio addirittura interno alla famiglia. Afferma Gesù: “vi consegneranno ai sinedri e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe, (Mt.10,17)addirittura, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio (Gv. 16,2)e infine sarete condotti davanti a governatori e a re per causa mia (Mt.10,18).

Quindi Gesù ci avverte chiaramente che questa novità che lui viene a portare è destabilizzante per le forme della società dove il potere è consolidato ed è indiscusso e tutti questi si rivolteranno contro coloro che proveranno ad ottenere questa immagine di libertà. La nuova immagine di un Dio liberatore che si pone al servizio degli uomini viene annunciata da tutti quattro gli evangelisti se pur in forme lievemente diverse tra loro. Matteo e Marco presentano la stessa scena, Luca e Giovanni in ambiti diversi, però il contenuto è lo stesso.

 

5.La nuova immagine di questo Dio liberatore nel vangelo di Matteo e di Marco viene annunciata nell’episodio della richiesta dei due discepoli Giacomo e Giovanni che tentano di assicurarsi i posti più importanti quando Gesù avrà conquistato il potere a Gerusalemme. Lo conosciamo tutti, i discepoli che chiedono?: quando sarai a Gerusalemme nella tua gloria donaci il posto a destra e il posto a sinistra (Mc.10,37) che erano quello a fianco al re. Questa loro pretesa fa scoppiare una lite nel gruppo in quanto tutti i discepoli ambivano ai primi posti ed ecco l’insegnamento di Gesù, l’insegnamento radicale che cancella definitivamente l’immagine di un Dio che vuol essere servito dagli uomini. Gesù cap.20 di Matteo v. 25. Ma Gesù chiamateli a sé disse… dicevo che questo è talmente importante che tutti gli evangelisti lo presentano Matteo e Marco nello stesso episodio della richiesta di Giovanni, Luca addirittura lo drammatizza ancora di più perché lo pone nell’ambito dell’ultima cena. Io non so che immagine possiamo avere dell’ultima cena, certo non è quella idilliaca rappresentata dai pittori.

Scrive Luca che appena Gesù si è offerto come pane e come vino, si è donato, scoppiò una discussione tra i discepoli per sapere chi sarebbe stato il più importante, cioè avrebbe preso il suo posto in pratica. Giovanni  lo ambienta nell’ultima cena nella lavanda dei piedi. Allora vediamo questo importante insegnamento di Gesù che è alla base della libertà degli uomini. Ma Gesù chiamateli a sé disse: i capi delle nazioni voi lo sapete, dominano su di esse, i grandi spadroneggiano su di esse. L’immagine che Gesù dà su chi detiene il potere è completamente negativa. Sono persone che dominano e spadroneggiano, quindi la prepotenza e afferma Gesù: non così dovrà essere tra voi. (Mt. 20,26) Questo “tra voi”, adesso vedremo è ripetuto per ben tre volte.

Chi viene agli incontri lo sa, lo dico per le persone nuove che quando nella lingua ebraica appare la cifra tre o una frase viene ripetuta per tre volte, il numero tre indica quello che è completo, quello che è definitivo quindi non è tanto una ripetizione come posso fare io, tre volte così, ma è proprio il completo, definitivo. Allora la prima volta Gesù dice: non così dovrà essere tra voi, ma colui che vorrà diventare grande tra voi si farà vostro servo e colui che vorrà essere il primo tra voi si farà vostro schiavo. (Mt.20,26-27). Gesù lo dice chiaramente, Gesù avverte i discepoli che la sua comunità non dovrà in alcun modo imitare la struttura di potere esistente nella società.

Sembra quasi di scoprire oggi queste parole! e uno si chiede cosa è stata la storia della chiesa che ha imitato in tutto e per tutto il potere romano con le sue strutture. Eppure per Gesù, qui è molto chiaro, la sua comunità non dovrà in alcun modo imitare le strutture di potere, di dominio, di sottomissione, presenti nella società perché la grandezza nella comunità cristiana consiste nel servizio. La vicinanza a Gesù, che vuol essere il primo, si ha collocandosi con gli esclusi della società, quindi con gli schiavi. Allora Gesù non contesta il desiderio di essere grande, vuoi essere grande? Mettiti al servizio degli altri.

Vuoi essere il primo cioè il più vicino a me? Mettiti a fianco degli esclusi della società, degli schiavi :questa è la parola di Gesù.

 

6.Come possiamo comprendere è stata una parola che è stata disattesa. Poi per mostrare la sua qualità di regalità Gesù si richiama a una profezia conosciutissima del profeta Daniele, ma modificandone il contenuto. Secondo il profeta Daniele, Dio al Figlio dell’uomo, cioè’uomo per eccellenza gli diede potere, gloria e regno. Tutti i popoli e nazioni, lingue lo servivano. Daniele descrive la storia dell’umanità dove emergono poteri sempre più devastanti. Le persone, le vittime del potere sperano in un potere più forte come soluzione dei loro problemi e invece la situazione non fa altro che peggiorare. Quindi in questa profezia di Daniele si vedono le quattro famose bestie orrende e alla fine invece appare uno, dice, come un figlio dell’uomo. A questo, Dio gli concede, lo abbiamo letto, il potere, gloria e regno. Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano. (Dan.7,14)

Ebbene per Gesù non saranno i popoli a servizio di questo Figlio dell’uomo, ma lui l’uomo (il Figlio dell’uomo significa l’uomo con la condizione divina), ma lui il Signore si porrà a servizio di tutte le nazioni: ed ecco la novità portata da Gesù. Gesù è il figlio di Dio, cioè Dio nella sua condizione umana e il Figlio dell’uomo, il titolo che lui preferisce, l’uomo nella condizione divina. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire dando la sua vita in riscatto per molti.

Quindi la prima parte è molto chiara e la comprendiamo, Gesù nel quale si manifesta la divinità, e Matteo ricordiamo, è l’evangelista che presenta Gesù come il Dio con noi, quindi Gesù che è Dio non chiede di essere servito. Servire Dio è una cosa che lui non richiede, ma è lui che è venuto a servire l’uomo dando la sua vita in riscatto per molti. Allora adesso vediamo di capire a che cosa è finalizzato questo servizio e che cos’è questo riscatto.

L’espressione si rifà a un istituto giuridico che c’era in Israele, l’istituto giuridico proprio del riscatto che era la somma di denaro con quale il fratello, lo zio o comunque il parente più stretto di una persona che era stata ridotta in schiavitù o perché era stato catturato durante una guerra o perché si era ridotto in schiavitù per causa dei debiti, allora la legge prescriveva che il parente più prossimo dovesse pagare una somma di riscatto per liberarlo.

C’è nel libro del levitico 25,48 ss.: lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli o suo zio o il figlio di suo zio, lo potrà riscattare uno dei parenti, lo stesso suo sangue. Quindi il Signore nella sua legislazione non tollera, non permette che qualcuno del suo popolo sia ridotto in schiavitù. Allora ha fatto questa legge che è un obbligo per il quale il parente più stretto doveva pagare questa somma di riscatto per liberare la persona ridotta in schiavitù.

Questo ruolo di liberatore veniva attribuito anche a Dio. Tra Dio e il suo popolo esisteva un legame, come di parentela, che impegnava Dio al riscatto tanto che Dio è riconoscibile proprio per questa attività di liberatore del popolo.

Il profeta Isaia cap. 43 dice: il nostro redentore, il liberatore, Jahvè è il suo nome, il santo di Israele. Ma mentre la legislazione del riscatto terminava con la solenne rivendicazione di Dio, perché gli Israeliti sono miei servi, quindi Dio liberava le persone che erano ridotte in servitù perché lui li voleva come suoi servi, Gesù libera i suoi non per renderli poi suoi servi, ma mettendo la sua vita al loro servizio per renderli pienamente liberi.

Ma, da che cosa Gesù ci è venuto a liberare? Noi sappiamo sono i titoli di Gesù, il liberatore, il salvatore, il redentore, ma da che cosa ci ha liberato Gesù? Normalmente, almeno per quello che ci viene insegnato a catechismo si legge che Gesù ci ha salvato, liberato, dai peccati; affermazione che non si capisce che cosa significa perché non è che poi non abbiamo più peccato. Se Gesù ci ha liberato, salvato dai peccati non capisco perché poi continuiamo a commettere i peccati. Allora da che cosa è che ci ha liberati?

Perché non viene annunciata questa liberazione di Gesù? Crediamo tutti che siamo redenti, redenti significa liberati, che siamo stati liberati, ma da che? E’ rendere vana l’azione di Gesù, definirlo un liberatore se non sappiamo da che cosa siamo stati liberati.

Ebbene la sorpresa che viene dal nuovo testamento ce lo dice S. Paolo: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge; riscattati significa liberati da una condizione di schiavitù, afferma Paolo nella lettera ai Galati 3,13, (un inno alla libertà). Questa è una bomba, la legge espressione della volontà divina per Paolo è una maledizione. Quello che doveva permettere la comunione con Dio in realtà era la maledizione che la impediva.

 

7.Ecco da che cosa Gesù ci ha liberati, Gesù ci ha liberati da un rapporto con Dio basato sulla osservanza della legge.Questo riscatto è diretto a tutti.

Nella prima a Timoteo 2,6 si legge: Cristo Gesù che ha dato sé stesso in riscatto per tutti. Quindi Gesù ha pagato con la vita questa liberazione ed è questa liberazione rivolta a tutti.

Naturalmente poi è compito dell’uomo, una volta liberato, di non cadere di nuovo nella schiavitù come ammonisce sempre Paolo nella lettera ai Galati 5,1 scrivendo: Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi, state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù. Gesù ci ha dato la sua vita per liberarci da questa legge e voi ci ritornate di nuovo? Poi Paolo afferma che la schiavitù è l’osservanza della legge. Quindi per Paolo come già si presume dai vangeli, Gesù ci ha liberati, possiamo definirlo per il senso di legge, dalla religione, da quel complesso di attenzioni, di atteggiamenti, di stili di vita che gli uomini avevano creato e che doveva permettere la comunione con Dio e in realtà si era trasformata in quella cappa di piombo che impediva a Dio di trasmettere il suo amore verso gli uomini.

Allora Gesù ci ha liberato, ma liberare da questo gli è costato caro perché ci ha perso la vita. Quali sono gli effetti di questo riscatto, di questa liberazione dalla legge? Permettono una nuova relazione con Dio, quindi liberati da un rapporto con Dio basato sull’osservanza della legge, si apre una prospettiva nuova. S. Paolo sempre nella lettera ai Galati 4,4-5 afferma: quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare quelli che erano sotto la legge, quindi la legge viene considerata un ambito di schiavitù, è venuto a liberare dalla legge. Ci si chiede, ma come è stato possibile che Gesù è venuto a liberarci, addirittura, a donare la sua vita per liberarci dalla legge e come è stato possibile poi che proprio il cristianesimo si sia trasformato in legge? Beh, è stato possibile quando tra il terzo e il quarto secolo, il cristianesimo da fede perseguitata si è trasformata in religione ufficiale, la religione ufficiale doveva essere imposta con cosa? Con la paura, con il terrore, con l’immagine del castigo e il messaggio di Gesù diventava scomodo, ecco che c’era bisogno di leggi ed ecco perché purtroppo fino a poco tempo fa siamo stati tutti educati più nell’osservanza della legge di Mosè che alla buona notizia di Gesù.

E’ un dato di fatto che ancora oggi nel catechismo della chiesa cattolica la parte predominante ce l’ha i 10 comandamenti, il decalogo che sono la legge per gli ebrei confortata da Gesù. Quindi purtroppo siamo stati educati e veniamo ancora educati al rispetto della” legge divina” e tanta causa di sofferenza che la chiesa ancora oggi infligge a tante persone, in tante situazioni, è dovuta alla legge divina, cioè alla legge scritta da Mosè, non certo a causa del messaggio di Gesù. Il messaggio di Gesù non può dare sofferenza, ma soltanto toglierla.

Allora qui S. Paolo dice che nella pienezza dei tempi Dio mandò suo figlio nato da donna e nato sotto la legge, per lui sono due cose negative, per riscattare, liberare, quelli che erano sotto la legge. La legge era la schiavitù perché? Affinché ricevessimo l’adozione a figli. Questa è una delle tematiche più esaltanti di tutto il nuovo testamento che anche nella liturgia è stata recepita, ma come sempre se una affermazione non viene fatta comprendere nel suo profondo senso non se ne capisce la portata. Questo che Paolo sta dicendo è qualcosa veramente da far venire le vertigini, perché ?

 

8.L’istituto giuridico dell’adozione al quale Paolo si riferisce essendo l’adozione da parte di Dio, non va in alcun modo confuso con l’ambito dell’adozione che noi conosciamo, cioè accogliere una famiglia, un bambino per amore, per affetto, tenerezza, nulla di tutto

Questo. S. Paolo si sta riferendo all’istituto giuridico con il quale si permetteva a un re, un imperatore, o comunque una persona potente, di adottare come figlio, quindi di passargli le redini; non un figlio che lui aveva avuto dalla moglie, ma un suo ufficiale, un suo generale. L’imperatore sceglieva tra i suoi quella persona che secondo lui aveva le stesse capacità di portare avanti il suo regno, il suo impero e lo adottava a figlio. Pertanto essere adottati a figli significa una stima, una ammirazione e comunque una chiamata a collaborare all’azione di colui che ha adottato. Allora questa azione a figli di Dio apre uno scenario grandioso.

Gesù ci ha liberato dalla legge per permettere di diventare figli di Dio, cioè Dio ha bisogno di ognuno di noi per collaborare alla sua azione creatrice. Sempre Paolo nella lettera ai

romani 8,15 dice: e voi non avete ricevuto uno spirito di schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo Abbà, Padre.

Questo nuovo rapporto con Dio conosciuto come Padre elimina quella che è l’arma della religione. Come fa la religione a imporre le sue leggi, a fare osservare i suoi decreti? Attraverso la paura. Ebbene quando si fa l’esperienza di essere figli adottivi la paura si toglie. Se per qualche motivo il Dio in cui crediamo ci mette ancora un po’ di paura non esitiamo a sbarazzarcene perché in alcun modo è il Dio di Gesù. Pertanto Dio chiamando gli uomini ad essere suoi figli adottivi li ritiene capaci di continuare la sua azione creatrice sull’umanità. Ecco il grande compito, la grande stima che Dio ha per ognuno.

Figlio, secondo la cultura ebraica, è colui che assomiglia al padre imitandone il comportamento. Gesù dice: il figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal padre. Quello che egli fa anche il figlio lo fa, quindi essere figlio significa imitare il padre in quello che fa. Essere figli di Dio! … chi è Dio? E’ il creatore…. significa essere chiamati alla sua stessa azione collaboratrice.
S. Paolo in efesini 1,4-5 arriva a scrivere che Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo. Quindi per S. Paolo noi non siamo venuti al mondo a caso, siamo stati scelti, siamo stati eletti, per essere santi e immacolati (immacolati significa senza nessun impedimento nella comunione con Dio) nella carità. Il termine carità lo conosciamo è quel termine greco “agape” che significa l’amore generoso che si dona agli altri, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi. C’era una predestinazione, Dio aveva bisogno di ognuno di noi per chiamarci a collaborare alla sua azione creatrice, per opera di Gesù Cristo secondo il suo disegno di volontà d’amore. Questo è il progetto di Dio sull’umanità.

In seguito  vedremo come si diventa liberi, centreremo tutta la nostra attenzione sul messaggio di Gesù su “la verità vi farà liberi”. Una sola cosa ancora stasera da vedere, questa libertà alla quale Gesù ci chiama però non ci viene donata, non cala dall’alto, è un invito alla libertà, ma è una libertà che va conquistata, pagata a caro prezzo.Quindi Gesù ci ha liberato, sì, ma tra l’essere liberati e fare della libertà lo stile della propria vita, diventare liberi, c’è un passaggio che Gesù nei vangeli parla con il termine di croce che adesso vedremo.

 

9.Cosa significa che questa libertà non viene donata, ma va conquistata? Se la libertà ci viene donata, come ci viene donata ci può essere anche tolta.

Allora questa libertà alla quale Gesù ci chiama non è una libertà che ci viene data da qualcuno, perché altrimenti come ci viene data ci può essereanche tolta, ma è una libertà che va conquistata.

C’è un episodio nel vangelo di Luca che di per sé era un inno alla libertà, ma poi dopo commentata dai padri venne trasformata in tutt’altro. Conosciamo tutti il cap. 10,38 ss. di Luca l’episodio di Gesù, di Marta e Maria che è stato male interpretato, forse intenzionalmente interpretato come un invito alla scelta alla vita contemplativa.

Conosciamo tutti l’episodio, Gesù che entra in questo villaggio, viene accolto in casa da due sorelle Marta e Maria. Il nome di Marta è già tutto un programma, Marta significa la donna di casa, la padrona della casa e scrive l’evangelista che Marta era tutta presa dalle tante faccende nella cucina di casa. Maria invece cosa fa? Maria trasgredendo quella che è la morale, quella che è tradizione, quello che è il buon costume, assume il ruolo del maschio che una donna non si poteva permettere. Lei si siede con Gesù.

Il fatto che l’evangelista scriva che si è seduta ai piedi di Gesù non significa adorazione. Non c’erano le seggiole a quel tempo, in quella cultura, si sedeva tutti quanti nei tappeti, quindi significa accoglienza, e ascolta il messaggio di Gesù. Questo scatena l’ira furibonda di Marta che si precipita e chiede a Gesù di ricacciare la sorella in cucina perché quello è il luogo dove la tradizione ha relegato da sempre e continua oggi in certi paesi con certe culture a relegare la donna.

La donna deve stare in cucina, quando c’è un ospite è il marito della donna e il figlio che parlano e intrattengono l’ospite, ma è impensabile che ci possa essere la moglie o una figlia. Allora Marta ribadì e chiede a Gesù: ricaccia mia sorella nel luogo assegnato alle donne e Gesù anziché rimproverare Maria, rimprovera Marta. Dice: Marta, Marta (la ripetizione del nome significa rimprovero) tu ti affanni per troppe cose, Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta. Che cos’è questa parte migliore?Purtroppo l’interpretazione che venne data, non conoscendo la cultura del tempo, fu che Maria aveva scelto la parte contemplativa. Quindi ancora oggi si usa dire questa espressione di Marta e Maria: Marta è quella che lavora, Maria è quella che contempla.

Penso che tutti quanti potevano avere la capacità di fare la Maria della situazione quindi sarebbe una ingiustizia quello che Gesù ha detto perché chi è che ha questo lusso, questa possibilità di fare questa vita contemplativa? Nulla di tutto questo. Gesù dice: Lei ha scelto quello che non le sarà tolto. Che cos’è che non può essere tolto alle persone? Può essere tolto tutto, può essere tolta anche la vita. Quello che non può essere tolta è la libertà, la libertà quando è frutto di conquista personale di qualcosa che ti sei guadagnato andando controcorrente, questa non te la toglie più nessuno. Questa è la libertà. Allora questa è la parte che non le sarà tolta. Maria ha osato trasgredire la tradizione, la morale, Marta gliene ha dette di tutti i colori, ma ha conquistato quella libertà che nessuno poi le avrebbe potuto togliere. Gesù invitando coloro che lo seguono a raggiungere questa libertà dice che si passa purtroppo attraverso una via dolorosissima, straziante come la via della croce. La croce, va ripetuto ancora anche se ormai frequentando qui più o meno gli incontri certe cose dovrebbero essere entrate, ma lo dico perché ancora oggi nel linguaggio comune la croce è associata agli avvenimenti negativi della propria esistenza, una malattia, un lutto etc. nulla di tutto questo.

 

10.Cinque volte c’è nei vangeli l’invito a caricare la croce, cinque volte, e mai si afferma che Dio dà la croce o che Gesù dà la croce, ma è un invito a chi vuole seguire Gesù a caricare la croce. Non si intende come possiamo immaginare, i pittori ci rappresentano la croce completa. Gesù sta parlando di sollevare da terra la croce e si riferisce a un preciso, determinato momento. Nel tribunale quando l’imputato veniva condannato a questo supplizio, nel momento in cui veniva emessa la sentenza di condanna, l’imputato doveva raccogliere da terra l’asse orizzontale, se la caricava sulle spalle e poi condotto dal boia, fuori dalla città andava nel luogo dell’esecuzione dove era collocato l’asse verticale.

Quindi la croce è composta di due elementi quello orizzontale e quello verticale. La croce alla quale Gesù si riferisce è quello orizzontale. L’uomo si caricava di questa croce, doveva uscire per strada ed era, dicono gli autori, uno strazio ancor peggio della stessa morte. Perché ? Era un obbligo religioso per le persone, insultare, deridere, malmenare l’imputato perché si diceva: tanto è come se fosse mezzo morto.                         

E’ il momento della massima solitudine. Incontri i tuoi famigliari, le persone che hai aiutato, i tuoi amici che ti sputano in faccia, che ti deridono, che ti malmenano.

Allora perché Gesù dice: chi vuol seguirmi devi caricarsi la sua croce? Oggi con un linguaggio più comprensibile noi non useremo queste espressioni lontane nel tempo, ma significa accettare di perdere completamente la propria reputazione. Perché? Perché fintanto che le persone sono condizionate da quello che gli altri pensano, da quello che gli altri possono dire, gli individui non saranno mai liberi.

Le persone non osano dire esattamente quello che pensano per paura del giudizio degli altri, le persone addirittura neanche osano essere veramente quello che sono, vivono come una recita per paura del giudizio degli altri. Allora Gesù chiede a queste persone di avere il coraggio di perdere la propria reputazione. E’ doloroso, non per niente Gesù ne parla come di una croce, ma quando si è persa completamente la reputazione, quando non ti interessa più quello che possono dire di te, si è pienamente e completamente liberi.

Quindi allora riassumendo, Gesù ha dato la sua vita per offrirci questa libertà, ma questa libertà a sua volta va accolta dal discepolo, dall’individuo attraverso il passaggio della croce. Come dicevo purtroppo questa novità portata da Gesù non sarà recepita perché ci saranno tante, tante resistenze anche nella chiesa.

Secondo quanto esposto nei vangeli c’è una stretta relazione tra l’amore e la libertà. La prima lettera di Giovanni 3,18-20 dice: Figlioli non amiamo a parole, né con la lingua,ma con i fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. La pienezza della libertà alla quale il credente è chiamato, che è frutto di questo dono che Gesù ha fatto di sé stesso passando attraverso la morte, è un valore che è sacro e che è irrinunciabile, che spetta solo all’individuo autoregolamentare e condizionare in relazione con la libertà e l’amore degli altri.

Ma come si deve comportare un individuo quando la sua libertà, libertà di coscienza, viene in conflitto con le norme che regolano la vita, la vita religiosa? Quindi siamo chiamati ad essere pienamente liberi, ma questa mia libertà entra in conflitto. Ecco, allora per questo ho letto questa espressione di Giovanni che se compresa è incredibile. La rileggo: da questo conosceremo che siamo nella verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimprovera. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Il cuore nella cultura ebraica non è la sede degli affetti come da noi in occidente, è la coscienza. Allora, nel conflitto tra la tua libertà e la tua stessa coscienza, quindi una coscienza che è stata formata dalla religione, dalla morale, che cosa devi scegliere?

L’autore lo dice: Dio è più grande della tua coscienza.

Quindi quando si orienta la propria esistenza per il bene degli altri anche se si entra in conflitto con norme religiose, morali, è sempre la libertà ad avere il sopravvento. Capiamo che questo è esplosivo ed è incredibilmente sovversivo, rivoluzionario, tanto è vero, se pure chiaramente indicata nei vangeli (lo vedremo domani nel vangelo di Giovanni) in quanto Gesù ci insiste, sarà proprio la chiesa il primo ostacolo a che la libertà di coscienza venga riconosciuta.

Abbiamo un testo che quando si legge non si sa se ridere o se piangere, è il 1832 quindi neanche due secoli fa, sotto papa Gregorio XVI che nell’enciclica “mirari vos”, una enciclica contro la libertà di coscienza scrive: “quella perversa opinione che per inganno di uomini malvagi si è propagata da tutte le parti che la salvezza eterna dell’anima si può ottenere con qualunque professione di fede, cosa oggi accettabilissima, purché si viva secondo la norma del giusto e dell’onesto (perversa opinione questa!) e da questa pestifera fonte dell’indifferentismo nasce quella sentenza assurda ed erronea o meglio quel delirio che la libertà di coscienza deve essere affermata e rivendicata da ognuno”.

Quindi la chiesa ha vanificato il sacrificio di Gesù. Gesù ci ha dato la sua vita. Ho dato la mia vita perché voi siate liberi. Ebbene, proprio quelli che dovevano portare avanti questo messaggio di libertà gli si sono rivoltati contro e hanno definito questa libertà un delirioesattamente dirà il papa un pestilentissimo errore. Ecco quindi che siamo quasi all’alba della conoscenza del messaggio di Gesù. Però quello che per papa Gregorio era una perversa opinione nata da inganno come dice lui, gli uomini malvagi, poi nel concilio vaticano secondo verrà invece considerata ispirazione dello Spirito santo. Questo ci fa comprendere come sia tutto relativo nella chiesa.

Certe affermazioni che vengono definite eterne e immutabili poi nel giro di poco tempo cambiano radicalmente. Voi sapete a Roma dove sono abituati ormai da 2000 anni di papato c’è un detto che è: un papa bolla, l’altro sbolla, perché normalmente un papa fa tutto il contrario di quello che ha fatto il papa precedente per cui quando arriva un documento, una enciclica bisogna dargli il giusto peso senza considerarla troppo, senza esagerare. Ebbene il concilio vaticano esattamente il contrario di quello che papa Gregorio XVI aveva scritto.

Nel concilio, nella dichiarazione “dignitatis Humanae” si legge che ognuno sia tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza. Ma questo è qualcosa di incredibile, obbedire soltanto alla sua coscienza. Non c’è né dogma, né verità, né insegnamento, né morale della chiesa che possa prevalere sulla tua coscienza, una coscienza, che come abbiamo detto prima, è modellata su Dio che è molto più grande della nostra coscienza, quindi sul bene degli altri.

Questo concilio vaticano dichiara che la persona umana ha diritto alla libertà religiosa. Ma come! non aveva detto con l’altro papa che la libertà religiosa era un delirio? La chiesa pertanto fedele alla verità evangelica, ecco la stoccata! Papa Gregorio XVI non era fedele alla verità evangelica, la chiesa del concilio è fedele alla verità evangelica. Lui non ha potuto affermare: fedele alla verità evangelica, dichiarò che la libertà è un delirio. E’ la chiesa del concilio fedele alla libertà evangelica, segue la via di Cristo e degli apostoli quando riconosce la forma di libertà religiosa come rispondente alla dignità dell’uomo e alla rivelazione di Dio, e la favorisce.

Quindi mentre papa Gregorio non si poteva appellare al vangelo, oggi possiamo dirlo con i suoi deliri, il concilio vaticano invece si può appellare al vangelo. Allora quello che faremo, è vedere dove sono le radici di questa libertà alla quale Gesù ci chiama, una libertà rischiosa, una libertà pericolosa, una libertà che ripeto si paga a caro prezzo, perché?

Perché toglie qualunque sicurezza. Il fascino dell’istituzione religiosa è che la prima cosa che ti chiede di togliere è la tua libertà o di limitare la tua libertà, però in cambio tu sei tranquillo, sereno, perché hai una autorità che riconosci che ti dice quello che è bene e quello che è male, quindi ti evita di pensare, ti dice cosa devi fare e come lo devi fare. Certo in cambio, in cambio rinunci alla tua libertà, però vuoi mettere che sicurezza che hai?

Invece se si sceglie la libertà non c’è nessuna sicurezza se non quella della propria coscienza e una sicurezza che viene attraverso il passaggio del marchio infamante della croce.