CROCE E FEDE: QUELLO CHE NON E’ E QUELLO CHE E’ 

LA CROCE  NEL VANGELO E NEL NUOVO TESTAMENTO

La croce interpella la nostra fede.

Così comincia Paolo ai Corinti: “Noi predichiamo il Cristo crocifisso :scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Corinti 1,22-23).

QUELLO CHE LA “CROCE” NON E’:

1. Non è “ le inevitabili tribolazioni che incontriamo nella vita. Il Concilio Vaticano II dice: “è necessario che tutta la predicazione ecclesiastica sia nutrita e regolata dalla sacra scrittura” (Dei Verbum 21,24), quindi lasciamoci guidare dal Vangelo.

2.Croce: Non è qualcosa che manda Dio. L’idea che Dio “manda le croci” si sente ripetere dai credenti: “ognuno ha la sua croce”… “è la croce che il Signore ha dato” ma il vangelo non lo conferma anzi .

Nel  vangelo mai la figura della croce viene legata alle tribolazione dell’uomo.

Le 73 volte che nel Nuovo Testamento si parla di croce, mai è detta come “sofferenza inevitabile”, da accettare e sopportare. Solo una preghiera più recente (5° secolo) ci parla di croce come sofferenza (Papiro oxyrhyncus, VII, 1051,2)

Prima conclusione. Tutte le sofferenze nel vangelo sono chiamate con il loro nome, mai come croce “che Dio ci manda”.

3.CROCE COME SUPLIZIO: che cosa si intendeva al tempo di Gesù.

Fu inventata dai persiani (iraniani attuali) come forma di tortura crudele che, dopo tormenti ed agonia che durava molti giorni, conduceva alla morte.

Nel vangelo di Matteo si fa distinzione tra uccidere e crocifiggere (23,34): la crocifissione è morte a seguito di pesante tortura.

Il diritto giudaico non la contemplava nel giudizio capitale che era di quattro tipi: lapidazione, rogo, decapitazione, strangolamento.

I Romani lo apprendono dai Cartaginesi e lo chiamano “crux” (croce): strumento terribile, efficace per mantenere l’ordine pubblico.

Si usa come intimidazione durante le rivolte: esempio Tito quando fa prigioniero un giudeo lo crocifigge davanti alle mura di Gerusalemme (dice G. Flavio) come ammonimento.

Sono scarse, fuori dal Vangelo, le informazioni a cui venivano condannati i rivoltosi e gli schiavi. Sappiamo, però, che il condannato veniva torturato con i flagelli, saldamente legato alla traversa della croce (“patibolum”) e condotto al luogo delle esecuzioni fuori dalle mura. Portava al collo il motivo della condanna scritto su un cartello. A metà del palo verticale piantato vi era un appoggio per il crocifisso che ritardava la morte e allungava la tortura. Il condannato veniva denudato, insultato mentre passava tra la gente e messo sul palo. Dai racconti del Vangelo sappiamo che Gesù è inchiodato mani e piedi, ma non era sempre così: venivano anche legati . La morte avveniva per asfissia ed il cadavere veniva lasciato a putrefare ed in balia degli uccelli rapaci.

Vi sono racconti storici di G. Flavio che dice che “interi boschi in Palestina vennero distrutti per trovare il legno adatto alle croci”.

Al tempo di Gesù veniva inflitta solo ai “rifiuti della società”, ai “maledetti da Dio”, ai non romani.

4.Mai nell’Antico  Testamento vi è l’invito a sottoporsi volontariamente al supplizio della “croce”, ma nei vangeli è proposto per seguire Gesù  ai discepoli cinque volte.

E non dice mai “accogliere, accettare, sopportare”, termini passivi, ma “sollevare”, “prendere” la croce: scelta personale.

La croce non è mai data da Dio, ma presa dalla persona come conseguenza della scelta libera, della “sequela” che può portare fino a questo segno infamante.

5.Se vuoi” “Se qualcuno vuole” dice Gesù di Nazareth. Non costringe dei rassegnati, ma la propone ai discepoli, nel gruppo. Quando la propone a tutti è per chi vuole farsi discepolo (Luca 14, 25-27). Gesù sa che la croce è un supplizio per i disprezzati, i maledetti da Dio.

Gesù ai discepoli non offre titoli, privilegi ed avverte chi lo segue che, se accetta, la società civile e religiosa lo considererà delinquente, indesiderabile, lo abbandoneranno.

“Prendere la croce” non è subire rassegnati quello che di brutto avviene in vita, ma, come conseguenza della propria adesione a Cristo,  perdere la reputazione: “Sarete odiati da tutti per causa mia” (Luca 21,17).

6.“La croce” è il prezzo da pagare per creare una società diversa, chiamata “Regno di Dio”, con valori assolutamente diversi

condivisione invece di accumulo

uguaglianza invece di privilegio

servizio invece di dominio

Croce, dunque, è un passaggio per ogni credente che vuol seguire Gesù nel cammino della verità verso la libertà. Chi è libero può mettersi a servizio di tutti, “perderà” la propria vita.

Quando ce la sentiamo di fare questo passo siamo martiri per il Vangelo.

7.Esaminiamo ora i brani del Vangelo: Matteo 10,34-38.

“Chi non prende la mia croce e mi segue non è degno di me”. E viene subito dopo un chiarimento sulla pace. Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada (Matteo 10,34-35).

I costruttori di pace hanno un posto importante. Dice Matteo “Beati quelli che lavorano per la pace, perché questi Dio li riconosce figli suoi” (5,10).

Questo, infatti, è il disegno di Dio: rendere viva la condizione di pace piena (Luca 2,14), shalom che significa pace e tanto altro insieme (felicità, libertà, dignità, ecc.). Quindi è necessario ai discepoli impegnarsi perchè ogni persona abbia la condizioni di raggiungere una qualità  di vita degna e questo li porterà a denunciare la società, rifiutando ogni forma di potere e ricchezza basata sull’ingiustizia, sulla corruzione attirandosi le ire di chi veniva scoperto.

La rinuncia all’ambizione di salire (in potere e denaro) cambia la scala dei valori di una società che vive sull’oppressione dell’uomo, che non tollera dissenso e scatena la persecuzione su chi è ritenuto “pericoloso per la società”.

8.Chi si impegna perché tutti siano felici è vissuto dalla società come pericoloso. Il lavoro per la pace è visto come sfida ai valori del sistema.

E Gesù avverte i discepoli “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Matteo 16,24).

E’ comune anche a Marco 9,34 e Luca 9,23 con poche variazioni: Marco “rinneghi se stesso” e Luca “ogni giorno prenda la sua croce”.

Anche un secondo invito viene formulato per evitare malintesi “… Gesù cominciò a dire apertamente ai discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto …”. Ma Pietro “Dio te ne scampi” , questo non ti accadrà mai. E Gesù “Lungi da me, Satana! Mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini” (Matteo 16,21, Marco 8,31-33, Luca 9,18-22).

Nonostante tutto l’idea del Messia vittorioso, che avrebbe condizionato  i seguaci nella ricerca dei  posti di prestigio, rimane. Questo troverà una sottolineatura particolare in Matteo 20,21 dove la madre per i suoi due figli chiede  a Gesù “che siedano uno alla tua destra e no alla tua sinistra”.

Marco parlerà invece come se fosse richiesta diretta degli interessati (10,35-37).

Continuerà la richiesta di un messianismo di potere anche di Pietro a cui Gesù dirà “Torna a metterti dietro a me!” Il messianismo non è all’insegna del successo, ma del rifiuto e della morte, un amore fino al dono della propria vita (Giovanni 15,13).

All’invito di “caricarsi la croce” di Matteo e Marco, Luca aggiunge “ogni giorno”: atto che va ripetuto ogni giorno rinunciando a quei valori contrapposti con cui la società cerca di conseguirli che sono denaro, prestigio, potere.

8.Luca 14,25-27

“Se uno viene  a me e non odia suo padre, sua madre e i suoi figli, fratelli e sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.

Gesù pensa a chi continua a volere un messia trionfatore, che con un colpo di stato caccerà i romani, dominando le nazioni pagane. Quando vedrà un messia perdente chiederà la sua morte, non se la sente di essere discepolo di un messia sconfitto.

In sintesi.

La croce non è una spada di Damocle sull’umanità, ma la possibilità di rendere visibile l’amore del Padre “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito” (Giovanni 3,16).

La croce ora è per tutti espressione di amore di Dio all’uomo e può essere letta da tutti come tale.

9.CHI CROCIFIGGE E CHI VIENE CROCIFISSO

La missione di Gesù – far conoscere il Padre con la sua esistenza come Dio-Amore , ha portato l’autorità religiosa di Israele a reagire in modo violento al rifiuto e Gesù avrà parole dure verso i dirigenti del popolo “Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati” (Matteo 23,37).

La comunità cristiana deve capire che questo è un messaggio che vale anche oggi. Dobbiamo evitare che le comunità religiose, animate dallo Spirito, diventino solo istituzioni religiose regolate dalla Legge.

Lo stesso messaggio del Vangelo, la buona notizia, può diventare motivo di condanna a  morte. Dice Giovanni “Chiunque vi ucciderà crederà di dare culto a Dio. E faranno questo perché non hanno riconosciuto né il Padre né me” (Giovanni 16,2-3).

E’ la tragica storia della “difesa dell’ortodossia”, cristiani che si uccidono in nome della “verità”!

Paolo, che perseguita i cristiani “Semina strage contro i discepoli del Signore” (Atti 9) per difendere l’ortodossia del passato. Paolo crollerà a terra (Atti 9) con le su convinzioni religiose.

10.ISTITUZIONE RELIGIOSA

Istituzione religiosa(Chiesa) è un sistema posto a servizio di un Dio che si è definitivamente rivelato ed ora, la sua dottrina, resterà immutabile, definitiva.Così pensa di sé:si ritiene unica, legittima, è a salvaguardia di una legge e tutto quello  che sa di vivo, di nuovo crea sospetto. Non permette dissenso e se ti opponi all’istituzione è come se fossi contro Dio.

Questa chiesa ha difeso con le armi dell’intolleranza religiosa e della violenza morale e fisica “la verità” che ritiene di rappresentare. Uccide i profeti e poi li riconosce come tali.

Quando Marco dice che Pilato “sapeva che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia” (15,10) per farlo morire, equipara i sommi sacerdoti al Satana, che sono depositari della legge, ma, in realtà, nemici di Dio che vogliono rappresentare.

E Gesù rinfaccia ai fanatici delle scritture che dall’inizio alla fine sono stati assassini dei profeti di quel Dio che è “colui che è, che era e che viene” (Ap. 1,4).

Sanno tutto su Dio, ma non lo riconoscono quando viene “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Giovanni 1,11) perché propone un modo nuovo di vivere.

Il profeta non si adatta agli stili religiosi dell’epoca, non si inserisce nelle strutture esistenti ed avrà bisogno di creare qualcosa di nuovo. Ha chiaro che questo porta lui a “perdere la vita” per vivere “secondo lo Spirito” e dirà ai suoi “non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono più fare nulla, Vi mostrerò chi dovete temere, chi dopo aver ucciso ha il potere di gettare nella geenna” (Luca 12,4-5),

La croce non è segno di sconfitta per i crocifissi, ma per chi crocifigge, chi manda al rogo in nome della “verità”.

11.MARIA PRESSO LA CROCE

“Stavano presso la croce di Gesù sua madre” dice Giovanni (19,25), è la prima discepola. Non è la madre addolorata, ma soffre con l’uomo dei dolori (Romani 8,17).”Addolorata” è chi subisce il dolore,  non in  senso evangelico: Maria è “in piedi” presso la croce, è presente perché lo vuole. E’ discepola coraggiosa che segue Gesù a rischio della vita mentre “tutti sono fuggiti”.

Qui coglie il senso della croce “rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili” (Luca 1,52). Sta dalla parte degli sconfitti e fa sua la croce, l’essere considerata rifiuto della società.

E scrive Marco “Maria sta presso la croce” (non sotto). Vuole indicare la condivisione della discepola, ne condivide la scelta dei valori che l’hanno portato a sostituire il Dio della religione dei padri.

Maria si è messa contro la famiglia che considerava Gesù un pazzo (Marco 3,20; 6,4), ha rotto con la religione che ha scomunicato Gesù (Matteo 26,65) e si è messa anche contro il potere civile (Matteo 27,38).

I credenti, seguaci di un giustiziato, ora sanno che cosa significa “sollevare la croce”: stare dalla parte dei crocifissi, non degli assassini., dei peccatori, non dei loro giudici, degli imprigionati e non dei loro  carcerieri (Matteo 25,36).

 

Fredo Olivero,san Rocco ,Torino 2016.3