13Marco 4,26-34

 

IL REGNO DI DIO E’ COME IL SEME CHE CRESCE DA SOLO, COME L’ARBUSTO DI SENAPE CHE NASCE NELL’ORTO DA UN PICCOLO SEME

Dopo il ciclo di Pasqua – Pentecoste, si riprende il commento di Marco con le “parabole del Regno” (esempi per spiegare una nuova realtà in termini comprensibili).Era un modo per catturare l’attenzione di uditori attenti, ben radicati nell’ambiente contadino, ma per lo più analfabeti (non lettori, non abituati a ragionamenti astratti) e con molte dottrine e regole religiose “subite e sopportate”.

Gesù incomincia a parlare di Regno di Dio (che non riguarda l’aldilà, come molti pensano), ma questa società nuova che Gesù di Nazareth inaugura con la sua persona. Non usa esempi sacri, ma li prende dalla vita quotidiana, dal mondo dei contadini. Il Regno di Dio è composto da uomini e donne che vogliono accogliere la proposta che comporta una trasformazione e una crescita.

LE PARABOLE.

Un uomo getta il seme sulla terra, semina in una terra accogliente: comincia a germogliare e nessuno sa come e perché. E’ un uomo qualunque che lo getta, in modo abbondante e cresce. Se qualcuno vuol vedere perché germoglia scava il terreno, fa del  danno: ferma la crescita. E’ la forza del seme che germina, mette stelo e spighe, matura. Il seme fa il suo lavoro. Il seminatore non si deve occupare, ma vigilare quando matura per raccoglierlo. Il seme sviluppa le sue potenzialità e la crescita ci sfugge. Sappiamo che avviene così, ma non ne sappiamo il perché: basta seminarlo, mettendolo in un terreno buono. E la falce non è  il giudizio, ma una presa d’atto che è maturo e  che con il grano si può fare il pane.

(Esempio oggi: i figli di una famiglia, come dice Kalil Ghibran, “non sono nostri, ma sono figli della vita”).

La seconda parabola ha anche una dimensione sociale, collettiva, sul granello di senape che diventa arbusto ombroso ed accogliente.

Dopo due domande teoriche a che cosa lo paragoniamo? Ci rifacciamo al brano di Ezechiele (17,22 …) che parla di Israele come un grande cedro, su un monte, alto, solitario, visibile a distanza. Per Gesù nulla di questo: il suo Regno è come il granello di senape, piccolo seme che diventa arbusto ombroso, ma da orto (fra le verdure) che non attira l’attenzione. Ma diventa arbusto accogliente (ci vanno gli uccelli a fare il nido e godere della sua ombra), ha una modestia sociale, non è opprimente, ma accogliente. Non ha confini. E anche la condizione di chi crede è questa: si diffonde ovunque come il vento, come l’amore, ma non propone una realtà grandiosa, che si impone per la grandiosità.

Si compone invece di persone capaci di cambiare la propria vita in base a solidi valori umani che Gesù di Nazareth chiama Regno di Dio.