Luca 2,22-40

I MIEI OCCHI HANNO VISTO LA TUA SALVEZZA

 

Oggi riflettiamo su questo testo di Luca e, insieme cogliamo alcuni orientamenti sulla famiglia nati nel Sinodo straordinario 2014 e resi pubblici ora.

I genitori di Gesù, Maria in particolare, hanno avuto una esperienza straordinaria dello Spirito ,  sono però legati alla tradizione popolare che vede il rapporto con Dio basato sull’osservanza di regole, sull’obbedienza alle leggi.

Qui Luca vuole anticipare le difficoltà che Gesù avrà con il suo popolo nel proporre una diversa relazione con Dio, non più basata sull’obbedienza alle regole, ma sull’accoglienza del suo amore, del suo Spirito.

Ecco che presenta due gruppi contrari nella presentazione al tempio. I genitori che compiono un rito inutile perché intendono fare di lui il figlio di Abramo, ma è già figlio del Padre.

E Simeone, uomo dello Spirito, che ha intenzione di impedire l’inutile rito.

Vanno per purificare la madre, che la nascita di un figlio rendeva impura, e, quindi, purificarsi attraverso un’offerta (di due tortore, per i poveri) e soprattutto pagare per il riscatto del primogenito che, dopo l’Egitto, il Signore voleva per sé.

Si riscattava con 20 giornate di lavoro (5 scicli), una bella tassa.

Mentre Maria e Giuseppe vanno al tempio, Luca ci presenta, a sorpresa, Simeone (la parola significa “Il Signore ha ascoltato”) che tenta di impedire il rito. Si prende il bambino in braccio e pronuncia una profezia che lascia i genitori sconvolti: Gesù “sarà gloria del suo popolo Israele” ed aggiunge “luce per rivelarti alle genti”, cioè ai pagani.

L’amore annunciato da Simeone è per tutta l’umanità. Dice che Gesù – che può essere pietra angolare (sostegno della casa) o pietra di inciampo, segno di contraddizione – “E’ qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele” e poi a Maria, la madre, “anche a te una spada trafiggerà l’anima”, la vita.

Qual è il senso? La Parola di Dio è raffigurata come una spada che la costringe a fare delle scelte anche dolorose. Maria, infatti, dovrà capire ancora molte cose e da madre diventerà “discepola” del Figlio. Un cammino lungo e doloroso, come una spada che trafigge l’anima.

SINODO DEI VESCOVI SULLA FAMIGLIA

Sottolineerei poche cose dei “lineamenta” o linee guida per il Sinodo della famiglia 2015. Sono le conclusione del 2014, cui si aggiungono 56 domande da analizzare.

Le prendo direttamente dal testo citando alcuni titoli.

Viene definito “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” rese pubbliche (premessa).

Si parla di un Sinodo “svoltosi in grande libertà ed in uno stile di reciproco ascolto”. Si tratta di ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione ci dice sul ruolo e sulla dignità della famiglia.

Si rivolge a “tutte le famiglie del mondo” ed esalta la “centralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti”. La chiama “scuola di umanità di cui si avverte il bisogno” (n. 2)

Nell’esame del contesto e delle sfide sulla famiglia, sottolinea alcuni aspetti positivi (n. 5).

La più grande libertà di espressione, il riconoscimento dei diritti delle donne e dei bambini, almeno in alcune regioni.

Poi esamina il “crescente individualismo esasperato che snatura i legami familiari”. “La solitudine … nella vita delle persone”, la fragilità, gli anziani vissuti come peso, il disagio affettivo … la violenza.

La nascita dei figli fuori dal matrimonio, il numero crescente di divorzi, “la dignità della donna che ha ancora bisogno di essere difesa e promossa”, lo sfruttamento sessuale dell’infanzia … i bambini di strada … le migrazioni. Il bisogno di accogliere le persone nella loro esistenza concreta, saper sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio.

Poi parla di vangelo della famiglia e della pedagogia di Dio. La proposta di un’unione stabile e continua come progetto di vita comune, esclusivo e possibilmente definitivo, che diventa il luogo in cui si fa l’esperienza più profonda della ricerca comune. Questo viene letto come “gioia di vivere insieme” che Dio conferma.

Sottolinea, poi, il valore positivo di ogni legame basato sull’amore.

Richiama all’impegno verso coloro che non hanno contratto matrimonio in chiesa, sono divorziati o risposati o semplicemente convivono. Sono tutti amati da Dio e degni di grande attenzione.

Sottolinea, poi, la sfiducia di tanti giovani verso l’impegno coniugale e la responsabilità verso i figli.

Nell’ultima parte sottolinea l’urgenza di un nuovo modo di annunciare il vangelo: con tenerezza e chiarezza.

Chiede di cambiare il linguaggio: non solo teorico, ma concreto.