Matteo 13,1-23

 

IL SEMINATORE USCI’ A SEMINARE

 

La parabola del seminatore che troviamo al capitolo 13 di Matteo è un incoraggiamento ai discepoli per annunciare il Vangelo.

Dice sostanzialmente Matteo:se tre “terreni” falliscono, vi è un quarto terreno in cui il frutto può essere abbondante e ripaga gli altri tre in cui tutto è in perdita.

Perché Gesù parla in parabole?

  1. Perché è il mezzo più semplice per far capire una cosa complessa a chi è analfabeta o ha pochi strumenti culturali, ma può maturare la comprensione in seguito.
  2. Perché, soprattutto i capi religiosi, nutriti di ideologia nazionalista, lo avrebbero linciato se avesse detto apertamente che l’amore di Dio è universale. E questo lo “nascondeva” attraverso gli esempi o le parabole.

Utilizzo quanto ho commentato nella lettera n.23 di giugno di quest’anno perché il tema era riferito proprio a questa parabola.

Riprendiamo la riflessione sulla fede.

Che cosa è la nostra fede?

Certo è un dono di Dio, ma non solo questo. E’ la risposta dell’uomo all’amore misericordioso che Dio, gratuitamente dà a tutti gli uomini e le donne, senza guardare al merito e alle condizioni di vita.

Così conferma il Concilio Vaticano II “Lo Spirito Santo ….. chiama tutti gli uomini” (Ad gentes, 3,15).

Da cosa dipende la fede?

Dalla qualità della risposta ad un dono che Dio propone a tutti e deve tradursi in scelte concrete di vita. Questo non significa che in concreto la proposta arrivi a tutti.

Nel vangelo di Marco 4,3-9, Gesù di Nazareth con la parabola del seminatore utilizza il linguaggio popolare del tempo e, parlando a dei contadini, indica quattro “terreni” con quattro tipi di risposte delle persone  (che sintetizzo e provo ad utilizzare).

  1. Una parte del seme cadde lungo la strada (e venne divorata dagli uccelli)
  2. Un’altra parte cadde sul terreno pietroso (e si seccò).
  3. Un’altra parte tra i rovi (e la soffocarono).
  4. Un’altra cadde nella terra buona e diede frutto ( 30, 60, 100 volte per ogni seme).

Ed è Gesù stesso a spiegarla.

Seminatore è lui , ma oggi può essere chiunque, infatti Gesù di Nazareth chiede collaboratori che trasmettano a parole e nei fatti la misericordia di Dio.

Importante che seminino questo messaggio, non idee proprie, ad esempio: una mentalità di potere, di successo da raggiungere ad ogni costo,l’osservanza di leggi e regole inventate da noi.

Per Gesù l’arrivista, il corrotto, l’ambizioso (1^ categoria) non sono in grado di accogliere il suo messaggio che getta in loro come fosse sulla strada e se lo mangiano gli uccelli. Lì la fede non attecchisce.

Gli incostanti (2^ categoria) sono quelli che ascoltano il messaggio con entusiasmo, ma poi non lo  lasciano mettere radici (“terreno pietroso”), alla prima difficoltà ,falliscono. Cercano una soluzione facile al loro impegno, si agitano e vanno ai convegni religiosi, ai santuari, seguono le apparizioni, ma poi “perdono” la fede. Se il mondo “applaude” certi “credenti” è perché si sono allineati con il sistema che regge la società di potere prepotente e   nessuno li disturberà.

La 3^ categoria sono quelli seminati tra i rovi, soffocano la parola e non danno frutti.

Credo che queste persone “accettino teoricamente “ il messaggio, ma lo fanno vivere in condizioni impossibili: soffocati dal denaro, dall’ambizione, dalla voglia di possedere di più, di raggiungere posti nella società in cui non sono più competenti. La proposta evangelica e questa fiducia nel possedere, nella ricchezza, uccide la pianta che resta sterile. Era un terreno promettente, ma non dà niente.

Sono coloro che non si fidano completamente del Signore, alla fede in Dio Padre preferiscono quella nel Dio denaro e nei suoi modelli di vita.

Infine, la 4^ categoria, il terreno buono sono quelli che ascoltano,  accolgono la proposta , producono frutto: 30, 60, 100 per uno.

Aderire totalmente al messaggio di Gesù di Nazareth permette di sprigionare tutta la potenzialità che portiamo dentro, per avere  una vita piena, vera.

Quattro terreni, quattro risposte differenti, per tre è un fiasco?. Fallisce Dio?

Direi di no: lui propone, non forza la libertà di uomini e donne.

Il fallimento di Dio sarebbe forzare la libertà. Il Dio di Gesù regala molto di più di quello che possiamo produrre, si può giungere ad un punto molto più elevato di quello che pensiamo, perché Dio regala qualità di vita superiore a quella che l’uomo da solo può produrre. Se ogni giorno si “produce amore”, si ama, si potenzia la generosità ,  si condivide, si trasforma la realtà con atti concreti, allora   si cresce di più come persone.

Questo è il criterio con cui Gesù di Nazareth ci propone di valutare la nostra esistenza.

Se, invece, la fede non la sviluppiamo, non diventa mai adulta, muore e non serve a nulla.

Questa affermazione  non significa che la vita di una persona non abbia senso, non abbia valore se non è cristiana. Anche se non è credente la sua vita ha la stessa dignità di “persona”, uomo o donna, del discepolo di Gesù di Nazareth ed un futuro aperto alla vita.

Ma è la prospettiva di vita che Gesù di Nazareth porta che può essere liberante per chi la vive, la sperimenta anche in comunità, senza sentirsi, per questo, mai “superiore” né ai non credenti, né ai non cristiani.