PADRE NOSTRO

(Matteo 6,9-13)

 

PER CAPIRE QUALCOSA DI PIU’ SUL PIANO BIBLICO E PERSONALE NEL CONTESTO DELLE BEATITUDINI (CHE HANNO SOSTITUITO I 10 COMANDAMENTI)

(Redazione di Fredo Olivero. San Rocco – Torino. Settembre 2012)

 

Il Padre Nostro ci è arrivato in tre versioni: Matteo, Luca e Didaché (catechismo primitivo, 2° secolo). Scelgo Matteo per il “quadro” in cui è inserito: è un quadro che mette in parallelo Mosè e Gesù.

 

Matteo scrive per una comunità giudaica che ha accolto Gesù come Messia (quello di Mosè, dei profeti,potente)e fa una riflessione formativa per portarli al Gesù del “Vangelo”, quello reale.

 

IL CONTESTO

Il vangelo di Matteo è diviso in 5 parti, o meglio, è sorretto da 5 “pilastri” (come il Pentateuco, libro usato dagli Ebrei chiamato Thorà).

Scrive la vita di Gesù sulla falsariga di Mosè (es. inserisce solo lui la “strage degli innocenti” di Erode per fare il parallelo con il Faraone di Mosè).Vediamo i parallelismi.

Gesù va sul monte (come Mosè) e proclama un  nuovo codice che sostituisce i comandamenti: le Beatitudini.

Come la Thorà (primi 5 libri) contiene  lo “schemà” (= ascolta Israele) il testo della preghiera, così Matteo, dopo le Beatitudini, propone il Padre Nostro.

Poi seguono, nel Pentateuco, le 10 piaghe, Matteo mette 10 guarigioni fatte da Gesù (altra prospettiva).

Mosè muore sul Monte Nebo, Gesù sul Monte ha una “scena di vita” che supera la morte (trasfigurazione).

Mosè indica un successore Giosuè, Gesù no, ma dice “rimango con voi tutti i giorni”.

 

Il Padre Nostro è nel contesto delle 8 Beatitudini: perché l’8° giorno è quello della Risurrezione ed indica la vita che continua.

Il testo è composto da 72 parole (in greco), come 72 erano le nazioni pagane conosciute, quindi è una proposta valida per tutto l’universo.

Come per gli Ebrei lo “schemà”, la preghiera (“ascolta Israele….”) era l’accettazione dei comandamenti, qui il Padre Nostro è l’accettazione delle Beatitudini.

 

STRUTTURA DELLE BEATITUDINI. LO SCHEMA

 

La prima espressione riguarda il Regno di Dio (i poveri in Spirito, infatti, permettono a Dio di manifestarsi nella loro vita, rendono possibile il Regno di Dio).

Tre riguardano i bisogni dell’umanità (se sono applicate, i bisogni vengono risolti).

Poi si parla dei bisogni interni della comunità (3): pane, debiti, prova.

Infine si richiede di essere liberati da quanto può nuocere alla comunità (il maligno)

IL PADRE NOSTRO NEL TESTO DI MATTEO.

Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre (Abbà, in aramaico), nuovo nome di Dio all’interno delle comunità (evitandone altri come Creatore, Signore) e nella cultura del tempo padre era unica fonte della vita (non padre padrone, con potere infinito sui figli). Lo svuota dei contenuti di potere, ma sia la paternità che la maternità sono presenti in Dio, nella espressione Padre.

 

Lo descrive come Nostro (della comunità dei credenti ed anche mio) e, nella struttura della preghiera, è al  plurale.

Anche perché, comportandoci tra noi come fratelli, siamo figli dello stesso Padre.

 

Che sei nei cieli. Non è la residenza di Dio (noi qui, lui lassù!), ma indica l’azione divina.

Per la cultura del tempo essere nei cieli è avere condizione divina (faraone, imperatore, tutti quelli che hanno autorità di vita e di morte).

Allora la prima autorità su di noi è Dio Padre. La comunità non può essere dominata da nessun altro! (la libertà di figli di Dio!)

E’ possibile tradurre Padre del Cielo, che ci guida comunicando la stessa capacità di Amore.

Ecco perché Matteo dice “E non chiamate nessuno Padre” (perché chiamare significa riconoscere). E ancora “Non chiamate nessuno maestro”: non riconoscete altre autorità se non Dio.

Un inciso: nel cielo ci stanno il Padre, il Figlio, gli angeli, gli astri, le potenze. Nella concezione del tempo nei diversi strati del cielo c’erano diverse potenze (“troni, dominazioni, principati, potestà”), sono angeliche, ma nemiche di Dio, a servizio di Satana.

E quando nei vangeli o nell’Apocalisse si dice che cadranno uno dopo l’altro per l’avvento dell’Uomo Gesù è in questo senso: “sono avversari vinti”.

La luce si espande, le tenebre fuggono. Chi pretende di dominarci parlando di “volontà di Dio” su di noi siamo avvisati che non ha titolo.

 

Sia santificato il tuo nome. Nella cultura ebraica il nome indica, non come è chiamato (l’identità), ma l’attività (quello che fa). Esempio, a Mosè  nel roveto (è una parabola) Dio si rivela come “Io sono quello che sono con voi”: non è l’identità di Dio, impossibile da conoscere, ma l’attività che fa.

Il nome con cui va santificato nella comunità e conosciuto è PADRE: colui che comunica la vita, che continua per tutta l’esistenza (cultura orientale).

Santificare significa separare (usare per il sacro) dalla sfera del male. I primi credenti si chiamano Santi: hanno fatto una scelta di vita, sono separati dal male.

Che cosa significa riferito a Dio? Riconosco che sei separato totalmente dal male, quindi sia santificato, venga riconosciuta da tutti questa realtà di Padre, la tua azione di amore verso gli uomini. Vogliamo che venga riconosciuto questo atteggiamento di amore incondizionato, che amandoci ci libera dalle paure, dai sensi di colpa e siamo felici se gli altri li riconoscono e si sentono coinvolti (questa è la missione del credente cristiano).

Gesù, nel vangelo di Matteo poco prima, dice “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinchè vedendo le vostre buone opere (le Beatitudini) glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”.

Opere buone indica le Beatitudini, l’atteggiamento di vivere per il bene degli altri, facendo così conoscere il volto del Padre.

 

Venga il tuo Regno. A livello popolare si sente dire che la frase “venga il tuo Regno” indica la fine del mondo, della vita. Mi sembra strano: il mondo è difficile, ma non è che chiediamo di andarcene!

Questa richiesta sta al centro tra santificazione del nome e sia fatta la tua volontà, quindi per gli Ebrei è la più importante.

Regno è quel posto, quella condizione dove si permette a Dio di essere Padre dei suoi figli, forse le comunità dove si permette di sperimentare di essere “governati” da Dio, che non è dominio, ma servizio.

Quindi, letteralmente si chiede l’estensione di questa condizione, l’allargamento, e la comunità si impegna nella pratica delle Beatitudini allargando il Regno,  dove il bene degli altri è al primo posto, dove non domina la sopraffazione, ma si pratica la prima Beatitudine rinunciando all’ambizione di dominio. Si costruisce, come dice Paolo, il Regno di Dio che in parte c’è già.

 

Sia fatta la tua volontà. Andiamo alla lettura popolare suggerita quasi sempre a fronte di lutti, malattie, come se quelle fossero volontà di Dio: Dio ha deciso per qualcuno che doveva morire, ammalarsi.

Il verbo usato non è fare la volontà, ma “si realizzi, si compia” e riguarda un’ azione di Dio. Quindi siamo invitati a fare in modo che questa volontà che Dio ha sull’umanità si realizzi, si compia.

E la sua volontà è che l’amore che lui ha per noi, noi lo scambiamo  tra  noi.

Un  proverbio che si usa sovente, invece, è “non cade foglia che Dio non voglia” o una espressione sbagliata di Matteo “e vi assicuro che neanche un passero cade senza che il Padre vostro lo voglia” (il testo è “all’insaputa del Padre vostro”). Il senso: il Padre, a cui non sfugge neppure la caduta di un passero, vi vuole così bene che tanto più si cura di voi!

Quale è la volontà di Dio?

Paolo agli Efesini dice “prima della creazione del mondo Dio vi ha scelti”. Dio ci ha separati dal male prima della creazione del mondo. La garanzia di essere a posto con Dio non viene da regole (comandamenti osservati), ma dalla pratica di un amore simile al suo, facendoci diventare figli adottivi.

L’adozione non era in senso  legale, ma di stima. Esempio: quando un imperatore si sentiva incapace, si sceglieva uno stimato, capace di prendere il suo posto.

Quindi, figli adottivi vuol dire capaci di continuare a portare avanti questo progetto sull’intera umanità, continuando la sua azione: essere suoi figli adottivi per mezzo di Cristo.

Perciò possiamo dire che Dio ci vuole suoi figli adottivi mediante la pratica dell’amore; che io mi realizzi come figlio mediante la pratica dell’amore (e le modalità le lascia scegliere a me) se farlo da solo (come scelta di vita) o con altri.

 

Come in cielo così in terra. Riferito a tutte e tre le domande e potremmo provare a mette in ordine diverso per coglierne il senso

Padre Nostro che sei nei cieli,

come in cielo così in terra,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo Regno,

sia fatta la tua volontà.

Come in cielo così in terra possiamo tradurlo: in tutta l’umanità si realizzi questo progetto di amore, con l’impegno costruttivo di tutte  le comunità credenti.

 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Parola greca che è stata tradotta in vari modi, ma c’è in tutte e tre le versioni. Ma è difficile che voglia dire che Dio ci dia il pane di ogni giorno, ci sfami.

Perchè questo, oggi, varrebbe per i paesi ricchi e non per quelli poveri, dove i cristiani lo chiedono e Dio li lascia morire di fame.

San Girolamo (primo traduttore in latino dei vangeli dal greco) usa “supersustanzialem” (cioè che è oltre la sostanza). Luca traduce “cotidianum” (quotidiano) e quindi noi lo prendiamo da Luca: il pane,  donacelo oggi. Ma noi sappiamo che tocca agli uomini procurarselo.

Può significare:

–          il pane di domani (discorso della Montagna “Non siate come i non credenti che si preoccupano del domani, di cosa mangeranno …”), voi preoccupatevi degli altri, Dio si preoccupa di voi

–          il pane necessario alla vita

–          dipende solo da Dio (come è il senso delle tre richieste)

–          pane duraturo (che viene dal cielo, non il pane alimento che si perde).

In Giovanni, infatti, c’è questa espressione “Dacci sempre questo pane” e nel Padre Nostro “Dacci oggi il pane”, cioè dacci il pane della vita o del Regno, il pane del domani

–          che Gesù sia presente sempre dentro la comunità.

Infatti Matteo conclude “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

E’ la presenza di Gesù nella comunità, non il pane alimento.

 

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Rimetti, il senso vero è condona, cancella. Rimettere implica anche l’azione dell’uomo che ripara, il condono è dato solo da Dio che condona il nostro debito (non peccato, termine religioso).

Vi è una parabola in Matteo del “grande debito” che il signore, tornando, condona, cancella al funzionario: è solo opera sua, non è in base a promesse di pagamento!

E’ un tasto dolente per la comunità anche oggi, valido per chi ha accettato le Beatitudini (e la prima è l’impegno a non arricchirsi per poter condividere con gli altri quello che si ha).

Chi è ricco, di solito, è avaro, non ne ha mai abbastanza, non si accontenta dei propri averi.

“Condonare i crediti nei confronti degli altri” è lo stile proposto per la comunità.

Dio – nel Vecchio Testamento (Deuteronomio 15) – ha dato  una “legge del 7° anno” (Giubileo) dove si dice “ogni creditore condonerà il debito per il prestito fatto al suo prossimo quando sarà proclamata la remissione per Jahvè”; ma anche a questo fu trovato l’inganno: il debitore si impegnava a restituire anche dopo il giubileo! L’evangelista prende le distanze da questa furbizia e dice: questo non avviene dopo 7 anni, ma è lo stile della comunità ogni giorno!

E’ un invito alla pratica collettiva delle Beatitudini: noi abitualmente cancelliamo i debiti che altri hanno nei nostri confronti e tu cancella i nostri con te.

Nella comunità cristiana, debito è il servizio di amore reciproco che gli uni sono tenuti a fare con gli altri.

Quando Gesù lava i piedi ai discepoli chiede “capite che cosa vi ho fatto? …. Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni con gli altri”. E questo è un servizio richiesto nella comunità. Paolo lo interpreta “non abbiate alcun debito con nessuno se non quello dell’amore vicendevole”.

Il servizio arricchisce la comunità, l’egoismo la impoverisce e la distrugge, diventa una comunità in debito con Dio.

E l’ultimo che ha steso il testo finale aggiunge “Se non perdonerete agli altri le loro colpe, neanche il Padre vostro perdonerà le vostre.”

 

Non ci indurre in tentazione. E’ una traduzione difficile. Il termine greco indica sia prova sia tentazione. Siccome prova si riferisce a Dio, qui è prova “non metterci alla prova”.

Qui i testi sono scritti dopo la risurrezione e, quindi, la prova è precisa: Gesù aveva chiesto alla comunità di “vigilare e pregare”, ma dopo la morte (ed anche prima) tutti se ne vanno, è il fallimento.

La prova della tribolazione, della persecuzione è stata devastante; in quel momento la comunità è distrutta, annientata e Gesù deve ricuperarla. Ora sa che non è fatta di forti e dice: non metterci alla prova, fa che non siamo intrappolati dalla persecuzione che sicuramente verrà.

Vi è la parabola del seminatore che può spiegare “una parte andò a finire sulla pietra e, appena germogliata, seccò”, al momento della prova non resse.

Persecuzione esterna, ma, forse, anche interna.

 

Ma liberaci dal male. L’ultima richiesta. Il termine indica sia male sia maligno; letteralmente è maligno, anche se, in occidente, è stato tradotto con male.

Chi è il Satana, il diavolo? L’unico in Matteo che Gesù chiama il Satana è Pietro, colui che vuole guidare la comunità in opposizione alle scelte del Padre. Iniziata con Padre, la preghiera termina con maligno.

La presenza del maligno è anche interna, nei vangeli. Esempio: Giacomo e Giovanni, ambiziosi, vogliono il primo posto (Matteo 20,20). Presenza esterna è rappresentata dai farisei che chiedono segni straordinari.

Liberaci da chi? Certo anche da chi, all’interno della comunità, ostacola il programma delle Beatitudini, da chi pretende di dominare anziché  mettere le proprie capacità a servizio degli altri.

E’ la richiesta non individuale, ma della comunità che teme per la propria esistenza.

Pensiamo sempre al plurale: la comunità, accettando lo stile delle Beatitudini, chiede al Padre di proteggerla da quanto può ostacolare la sua esistenza.

 

Il Padre Nostro è, dunque, preghiera, accettazione e pratica delle Beatitudini (proposte di vita) di Gesù.

 

UNA PROPOSTA DI TRADUZIONE LETTERALE NEL QUADRO DELLE 8 BEATITUDINI DI MATTEO

 

PADRE NOSTRO,PADRE DEL CIELO,

COME IN CIELO COSÌ IN TERRA (OVUNQUE E DA TUTTI)

VENGA RICONOSCIUTA LA TUA AZIONE DI AMORE VERSO GLI UOMINI,

SIA RICONOSCIUTO IL TUO SERVIZIO DI PADRE VERSO I TUOI FIGLI,

SI REALIZZI LA TUA VOLONTÀ:

 CHE L’AMORE CHE TU HAI PER NOI,

FACENDOCI DIVENTARE FIGLI ADOTTIVI, LO USIAMO TRA NOI OGNI GIORNO.

DACCI IL PANE DELLA VITA (DEL REGNO),

IL PANE DEL DOMANI (O LA PRESENZA DI GESÙ NELLA COMUNITÀ).

CONDONA (ANNULLA) IL NOSTRO DEBITO (L’AMORE VICENDEVOLE NON PRATICATO)

QUESTO DIVENTI LO STILE DELLA COMUNITÀ OGNI GIORNO.

NON METTERCI ALLA PROVA (FA CHE NON SIAMO INTRAPPOLATI DALLE PERSECUZIONI).

LIBERACI DAL MALIGNO.

 

A CURA DI FREDO OLIVERO TORINO ,SAN ROCCO 2012.9.30.